Ieri pomeriggio la Corte penale internazionale (Cpi) dell'Aia ha emesso i mandati di arresto nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dell'ex ministro della Difesa Yoav Gallant. La Cpi ha spiegato che «vi è ragionevole convinzione che Netanyahu e Gallant abbiano commesso crimini di guerra». Poi nella dichiarazione si legge che i due «hanno la responsabilità penale per i crimini, tra cui la partecipazione condivisa ad atti commessi con altri: crimini di guerra come la fame come metodo di guerra e crimini contro l'umanità, tra cui omicidio, persecuzione e altri atti disumani». Inoltre,«Netanyahu e Gallant hanno ciascuno la responsabilità penale individuale in quanto superiori civili per il crimine di guerra di attacco intenzionale contro una popolazione civile». Per rendere tutto ancora più grottesco la Corte dell'Aia ha emesso un mandato di cattura anche per il terrorista di Hamas Mohammed Deif, ridotto in polvere da un drone israeliano a Khan Yunis il 13 luglio 2024. Ora che succederà? Come conseguenza diretta i 124 Stati che aderiscono alla Cpi -tra i quali troviamo l’Italia- avrebbero la facoltà di eseguire i mandati di arresto sul loro territorio, qualora Netanyahu o Gallant si recassero in questi Paesi, rendendo di fatto quasi impossibile per loro viaggiare all'estero. Unanime lo sdegno in Israele e la solidarietà a Netanyahu che ha così commentato: «La decisione antisemita della Corte penale internazionale equivale al moderno processo Dreyfus, e finirà così. Israele respinge con disgusto le azioni e le accuse assurde e false contro di lui da parte della Corte Penale Internazionale, che è un organismo politico parziale e discriminatorio». Durissimo il commento del presidente israeliano Isaac Herzog che su X scrive: «Questo è un giorno buio per la giustizia. Un giorno buio per l'umanità. Presa in malafede, l'oltraggiosa decisione della Corte penale internazionale ha trasformato la giustizia universale in uno zimbello universale. Si fa beffe del sacrificio di tutti coloro che lottano per la giustizia, dalla vittoria degli Alleati sui nazisti a oggi».
Pronta la strategia di Donald Trump contro la CPI
Il team del presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, sta già lavorando a misure punitive nei confronti della Corte penale internazionale (CPI) dell'Aia, dopo la decisione di quest'ultima di emettere mandati di arresto contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l'ex ministro della Difesa Yoav Gallant. La notizia è stata riportata questa mattina dall'emittente Kan. Nonostante il suo insediamento ufficiale sia previsto per il 20 gennaio 2025, Trump avrebbe già iniziato a delineare la strategia per affrontare la situazione una volta assunto l'incarico. Secondo fonti di Washington, tra le opzioni in esame vi sarebbe l'imposizione di sanzioni personali non solo nei confronti del procuratore capo e dei funzionari della CPI, ma anche dei giudici che hanno approvato il mandato. Inoltre, si discute la possibilità di estendere le sanzioni anche ai familiari dei membri della Corte coinvolti nella decisione, con l'obiettivo di aumentare la pressione sull'organismo giudiziario. Ieri, il candidato di Trump per il ruolo di Consigliere per la sicurezza nazionale Mike Walz ha twittato in risposta all'annuncio della CPI: «La CPI non ha credibilità e queste accuse sono state confutate dal governo degli Stati Uniti. Israele ha difeso legalmente il suo popolo e i suoi confini dai terroristi genocidi. Potete aspettarvi una forte risposta al pregiudizio antisemita della CPI e dell'ONU a gennaio».
Il senatore Lindsey Graham ha twittato: «Presenterò una legge che metterà in guardia gli altri paesi: se aiuti e favorisci la CPI dopo la sua azione contro lo Stato di Israele, puoi aspettarti delle conseguenze dagli Stati Uniti. Ogni nazione che si unisce alla CPI dopo questo oltraggio è complice di un atto sconsiderato che calpesta lo stato di diritto». Anche presidente della Camera degli Stati Uniti Mike Johnson ha commentato su X: «La decisione della CPI di colpire l'alleato dell'America, Israele, è antisemita, riprovevole e completamente ridicola. Non ha assolutamente alcuna giurisdizione su Israele o sugli Stati Uniti e questi mandati illegittimi sono un attacco ai concetti stessi di sovranità e giusto processo». Poi Mike Johnson ha aggiunto: «Il Senato degli Stati Uniti dovrebbe votare immediatamente sul bipartisan Illegitimate Court Counteraction Act, e il Presidente Biden dovrebbe adottare misure chiare per impedire che questi mandati vengano eseguiti. Se il Senatore Schumer e il Presidente Biden non agiscono ora, sicuramente inviteranno futuri conflitti legali contro Israele e gli Stati Uniti. Non possiamo permetterci di mostrare debolezza».
Nuove accuse contro Karim Khan, procuratore capo della Corte Penale Internazionale (CPI)
I mandati di arresto contro Benjamin Netanyahu e dell'ex ministro della Difesa Yoav Gallant hanno oscurato (non certo a caso), le nuove accuse e le controversie che si abbattono su Karim Khan, procuratore capo della Corte Penale Internazionale (CPI) dell'Aia, già al centro di un caso di molestie sessuali. La decisione di Khan di affidarsi allo studio legale britannico Bindmans per la sua difesa sta sollevando polemiche, soprattutto per i possibili conflitti di interesse che potrebbero emergere. Secondo quanto riportato da Ynet ,Bindmans rappresenta diverse organizzazioni palestinesi che hanno presentato ricorsi alla CPI per ottenere mandati di arresto contro alti funzionari israeliani. Tra i soci dello studio figura Taib Ali, direttore del “Centro internazionale per la giustizia per i palestinesi”, un'organizzazione con sede a Londra molto attiva nella promozione di azioni legali contro Israele sulla scena internazionale. Un'altra figura di rilievo dello studio è Alice Hardy, legale di spicco dell'organizzazione palestinese per i diritti umani Al Haq, con sede a Ramallah. Entrambe queste organizzazioni hanno svolto un ruolo centrale nel portare davanti alla Corte casi legati alla richiesta di arresto per Netanyahu e Gallant. Le connessioni di Bindmans con la famiglia di Khan gettano ulteriore ombra sulla vicenda. Lo studio, infatti, è anche associato a Imran Ahmed Khan, fratello del procuratore capo. Imran, ex parlamentare britannico, è stato condannato per reati sessuali e ha scontato una pena di 18 mesi di carcere dopo essere stato giudicato colpevole di aver aggredito un quindicenne. La sua condanna lo ha portato all'espulsione dal partito e al crollo della sua carriera politica. Questi sviluppi pongono seri interrogativi sull'imparzialità e sull'etica professionale del procuratore capo, generando crescenti critiche sulla gestione della Corte Penale Internazionale.
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