“I magistrati lavorino di più“: da qualche settimana la frase è ripetuta a filastrocca da vari esponenti della maggioranza di centrodestra – a partire dal leader della Lega Matteo Salvini – per sminuire la ribellione delle toghe agli attacchi del governo. Eppure, negli stessi giorni, al Consiglio superiore della magistratura quella stessa maggioranza si è prodotta in una spericolata forzatura della legge per raggiungere un obiettivo opposto: consentire a una giudice, assunta dallo Stato per amministrare la giustizia, di svolgere un altro lavoro per (almeno) vent’anni della sua carriera. A raggiungere questo probabile record è Raffaella Pezzuto, consigliera della Corte d’Appello di Firenze, chiamata per due anni dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e dal Guardasigilli Carlo Nordio come esperta alla Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Ue a Bruxelles. Un compito particolarmente prestigioso che però presuppone il collocamento fuori ruolo, cioè l’autorizzazione del Csm a uscire temporaneamente dall’organico della magistratura.
E qui stava il problema, perché la riforma Cartabia del 2022 – nel tentativo di contenere l’emorragia delle toghe dai palazzi di giustizia – ha imposto una serie di paletti proprio sugli incarichi fuori ruolo, prevedendo, tra l’altro, che per poterli assumere serva aver completato almeno “dieci anni di effettivo esercizio delle funzioni giudiziarie“. Almeno all’apparenza, la dottoressa Pezzuto non aveva questo requisito: pur essendo stata assunta nel lontano 1998, infatti, in oltre 26 anni da magistrato ha indossato la toga per appena otto anni, tre mesi e cinque giorni (prima a Lecce e poi a Firenze), mentre per il resto del tempo ha ricoperto molte funzioni diverse, quasi tutte di nomina politica: esperta nazionale Affari giuridici e legislativi presso la Commissione europea, poi addetta al gabinetto dell’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando, capo dell’Ufficio per il coordinamento dell’attività internazionale dello stesso ministero e membro della commissione per il concorso notarile.
A quanto pare, però, per Tajani e Nordio era indispensabile nominare proprio lei nel nuovo incarico a Bruxelles. Perciò al Csm la truppa dei laici di centrodestra – i consiglieri scelti dai partiti di maggioranza – si è ingegnata a trovare una soluzione creativa: l’intervallo dal 2008 al 2014, in cui Pezzuto ha lavorato come esperta alla Commissione Ue, è stato considerato come periodo di “effettivo esercizio di funzioni giudiziarie”, in quanto – si legge nella delibera approvata dall’organo – “l’attività in concreto svolta” dalla giudice, “lungi dal poter essere definita di carattere puramente amministrativo, va correttamente inquadrata nell’ambito delle attività di supporto all’attività giudiziaria o giurisdizionale a livello internazionale”. In realtà, nell’incarico della magistrata alla Commissione non c’era nulla di “giudiziario” nè di “giurisdizionale”, cioè relativo a processi, indagini o sentenze: come risulta dalle sue stesse relazioni, il suo lavoro era sostanzialmente di consulenza legislativa e consisteva, ad esempio, nell'”analizzare problematiche giuridiche legate ai contratti” stipulati dall’esecutivo Ue, nella “predisposizione dei documenti strategici” e nella “stesura di nuovi testi normativi comunitari“.
Nonostante ciò, la proposta di autorizzare l’incarico fuori ruolo è stata approvata dal Csm con 16 voti contro 15. A favore tutti i laici in quota maggioranza, il renziano Ernesto Carbone e i togati di Magistratura indipendente (il gruppo delle toghe più vicine al governo), nonché il vicepresidente Fabio Pinelli, avvocato scelto dalla Lega: decisivo è stato proprio il suo sì, che in caso di parità vale doppio. Sconfitta la delibera opposta, redatta dal consigliere togato Marcello Basilico del gruppo progressista di Area, che nel dibattito in Consiglio ha contestato in modo netto l’interpretazione adottata dalle destre. “Premetto che nel caso specifico si trattava di una collega di grande esperienza in funzioni presso l’Unione europea. L’interpretazione che il Consiglio ha finito per avallare, però, apre le porte a vite lavorative spese tutte fuori ruolo“, dice Basilico al fattoquotidiano.it. Infatti, spiega, “le norme interessate riguardano la definizione degli incarichi internazionali che, secondo la nuova legge, derogano sia al periodo minimo di funzioni giudiziarie perché un magistrato possa aspirare a avere un incarico fuori ruolo, sia al periodo massimo di dieci anni perché possa restarvi, sia perfino il numero massimo complessivo di magistrati ammessi fuori ruolo. Trovo sconcertante che una lettura tanto estensiva di una norma di legge di per sé eccezionale sia venuta proprio dai rappresentati in Csm di quella parte politica che vorrebbe limitare gli incarichi non giurisdizionali dei magistrati (in particolare Forza Italia col suo deputato Enrico Costa, ndr) e al contempo accusa i giudici di interpretare le leggi creativamente“, sottolinea.
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