di Marco Pozzi
Oggi divaghiamo.
Dal 25 novembre al 3 dicembre si terrà Special Olympics European Basketball Week, con 25.000 atleti da 35 paesi europei. Nei campionati Special Olympics di basket è il partner (cioè il normodotato in campo) che deve limitare il suo modo di giocare; è una scelta sua valutare quale sia il modo più giusto di giocare: la morale è dunque autonoma.
Nel baskin invece le regole sono stabilite, e a quelle bisogna aderire per giocare: la morale è quindi eteronoma, cioè si agisce ricevendo fuori da sé stesso la norma della propria azione. Questa differenza rende il baskin per natura competitivo, poiché, se un soggetto ‒ cioè un giocatore ‒ non può agire con due obiettivi contrastanti ‒ cioè la vittoria e l’inclusione ‒ allora, solo se dall’esterno l’inclusione è assicurata con regole fissate, l’atleta si può dedicar alla vittoria, giocando in maniera competitiva.
Altrimenti si dovrebbe applicare interiormente una serie di leggi, sullo stile di Asimov:
1. Un atleta normodotato non può recar danno a un essere umano con disabilità né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano con disabilità riceva danno.
2. Un atleta normodotato deve giocare agonisticamente nella squadra, purché tali azioni non vadano in contrasto alla Prima Legge.
3. Un atleta normodotato deve attaccare o difendere individualmente, purché non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.
Funzionerebbe un’etica così costruita?
Vengono alla mente alcuni pensieri di Immanuel Kant, che a morale autonoma ed eteronoma dedicò parecchie pagine. Nella Critica del giudizio troviamo la seguente osservazione: “Non è tuttavia fuor di luogo ricordare che in tutte le arti liberali è pure necessario qualche cosa di costretto, ovvero, come si dice, un meccanismo, senza del quale lo spirito, che nell’arte deve essere libero e che solo anima l’opera, non acquisterebbe corpo e svaporerebbe interamente (così, per esempio, nella poesia, la proprietà e la ricchezza della lingua, come la prosodia e la ritmica); non è inopportuna questa osservazione, perché parecchi dei nuovi educatori credono di favorire l’arte nel miglior modo, scartando da essa ogni costrizione e mutandola da lavoro in semplice gioco” (Immanuel Kant, Critica del Giudizio, Laterza, Bari-Roma, 2008, p. 285).
D’altronde la regola è un concetto essenziale per sport (la parola ‘regola’ viene dal latino regula, che è l’asticella usata per tracciare linee dritte). E giocare è allontanarsi dal mondo verso una sfera temporanea con una finalità tutta propria; è una limitazione nello spazio e nel tempo, dove si esclude la vita ordinaria; una porzione di universo separato, quasi uno spazio sacro, e non è un caso che quando si sale sul tatami per le arti marziali si esegua un inchino di rispetto. In tale porzione di universo si possono accettare o no le regole ‒ cioè si può giocare o no ‒ però se le si accetta non si può metterle in dubbio; chi le viola si aspetta una punizione, come ad esempio toccare la palla con le mani nel calcio. Il complesso di regole diventa così un concetto ideale.
Anche in questo senso il baskin, in quanto sport integrato, è affascinante. Le regole sono costruite da zero e consentono a tutti di aver le stesse possibilità in base alle proprie capacità, in un’allegoria di società utopica futura. Inoltre, s’inserisce nel curioso filone degli ultimi anni in cui stanno nascendo sport nuovi, il che stupisce non poco un pubblico di sportivi abituato a vedere e tifare sempre gli stessi, come fossero immutabili per definizione.
Eppure la logica che sta dietro il baskin la si assorbe rapidamente non appena si scende in campo (la nostra prima partita è stata senza saper neppure le regole, e non abbiamo sfigurato), oppure non appena ci si accomoda in tribuna e, dopo poche azioni, già si è entrati nello spirito del gioco appena conosciuto.
La progettazione ricorda proprio quella dell’insegnate di educazione fisica James Naismith al quale, nel 1891, fu chiesto di inventare uno sport per alunni durante i mesi invernali, al chiuso. E pochi anni dopo, nel 1895, sarebbe stato progettato anche il volley, che noi oggi associamo al basket in quanto entrambi sport di squadra popolari e praticati nelle stesse palestre. Secondo requisiti diversi, ma ancora in una scuola, per mano di un professore di educazione fisica, a partire dal basket è stato inventato il baskin.
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