Svegliarsi un giorno in forma di ratto: kafkiana metamorfosi imposta, via social; gogna impressa su stories. Un gruppo di ragazze, di account. E l’accusa, grave, infamante: ratto. Bestia, insomma, con tanto di nome e cognome. «Su Instagram ti stanno dando del ratto».
Viscido. Aggressivo e magari violento. «Cos’hai combinato?»: questa la domanda che un cittadino udinese, un imprenditore, noto all’ambiente, anche del centro, alla movida (se così si può dire), ha sentito più volte farsi nelle ore successive alla creazione di una pagina dal dichiarato obiettivo di voler smascherare i «ratti udinesi», i maschi «più chiacchierati». Svegliarsi, allora, e trovare il proprio nome su bocca e smartphone di amici, familiari. Spiattellato a colleghi, clienti. Affiancato, perché no, a insinuazioni, rumors. Ipotesi di violenza, fisica o verbale che sia.
“Donne_di_Udine”: questa la pagina, privata, sorta «dal desiderio di ridurre l’ipocrisia», avente per mission la discussione critica di relazioni, casi e «malesseri schifosi», con racconti e sondaggi.
L’iniziativa nata da alcune ragazze (cinque, stando alle testimonianze) un venerdì sera, lo scorso. Poco prima delle 22 il lancio dell’operazione. Partendo da un link e da semplici regole: «Specificare sempre nome e cognome dei ratti che vi interessano».
E ancora: «Sincerità nelle risposte e rispetto di tutte le ragazze». Ragazze, parrebbe, di età compresa fra i 18 e i 30 anni. In poco tempo – 38 minuti, per la precisione – è il boom: quasi mille visualizzazioni, al netto dei vari screenshot poi circolati, e inoltrati, anche su WhatsApp. L’indomani, a danno ormai fatto, il tentativo di dare un senso alla “shitstorm”, tempesta imperfetta che la polizia postale, nei prossimi giorni, tenterà di placare andando a risalire alla fonte, alle autrici. A tutela degli uomini danneggiati. Nell’attesa, uno di questi, il malcapitato protagonista di quanto appena descritto, ha deciso di sporgere denuncia ai carabinieri di Udine contro ignoti affidandosi ai servizi dell’avvocato Matteo Bucovaz.
«La situazione per il mio assistito – spiega allora quest’ultimo – è diventata subito ingestibile. La cosa ha fatto il giro della città e ha creato un forte disagio, tanto in ambiente familiare quanto sul piano lavorativo. Parliamo di un danno sociale, per non dire psicologico, gravissimo».
Ma torniamo al sondaggio, ai nomi con i quali i responsabili della pagina chiedevano informazioni ai propri follower su vari soggetti, presumibilmente ex partner: «Chi di voi è stata presa in giro almeno una volta da un ratto udinese?». Molti i sì, seguiti da un lecito, comprensibile messaggio di sostegno. Da qui all’attacco, diretto, diffamatorio: «Dicci tutto ciò che sai sul ratto Tizio»
Non che Caio se la sia passata meglio. Ragazzate, potrebbe dire qualcuno, magari soprassedendo sulla presunta età delle autrici: «Senza puntare il dito o voler sminuire altre problematiche gravissime – prosegue l’avvocato –, a parti invertite la vicenda sarebbe subito finita sul palcoscenico nazionale, fra telegiornali e talk show a dare giustamente risalto alle accuse».
La pagina, incriminata, ad oggi, non risulta più attiva. «A dire il vero, nel giro di tre ore dal lancio di queste storie su Instagram, le segnalazioni sono state talmente tante che la piattaforma ha proceduto all’eliminazione». Senza impedire però, come detto, l’effetto passa parola. «Il mio assistito sta davvero male». Da storie amorose giunte al termine, dunque, a storie social dall’esito altrettanto amaro. Con conseguenze, forse, ancor più dolorose.