Caos M5S dopo la batosta elettorale: campo largo a traino Pd? La base insorge e Conte sulla graticola dovrebbe replicare alla bordata di Grillo. Ma procediamo con ordine. Sì, perché anche dopo l’ultima tornata elettorale, nonostante l’affermazione del centrosinistra – e malgrado lo scarno apporto di voti portato in dote dal M5S, ancora una volta sconfessato dalle urne – nella frastagliata galassia pentastellata alla resa dei conti dell’assemblea costituente che, dal 21 al 24 novembre, è chiamata a riscrivere regole, principi, organismi e smalto formale del Movimento – sulla pagina Facebook di grillini e contiani dilaniati dal redde rationem in atto non c’è segno visibile o palpabile dei risultati elettorali delle elezioni regionali in Umbria e in Emilia Romagna.
La creatura in restyling di Grillo e Casaleggio è nella fase di rifacimento del look voluta da Giuseppe Conte e dall’input lanciato per farne una crea pregresso sistema zione a sua immagine e somiglianza: pertanto delle elezioni che, in quest’ottica, sancirebbero gli ultimi colpi di coda del pregresso sistema e dell’organismo prima maniera, non c’è traccia. Eppure le elezioni ci sono state e gli elettori hanno emanato il loro severo verdetto sui 5S,e non se ne può prescindere…
Per quanto, come sottolinea Libero tra gli altri in una sua analisi, considerato che il M5S si è fermato al 3,5% in Emilia-Romagna (53mila voti) e al 4,7% in Umbria (15mila voti), «confermando la sua inconsistenza nelle elezioni locali. Come ha messo per iscritto l’Istituto Cattaneo, nell’analisi appena pubblicata sul voto in Emilia e Umbria, il centrosinistra in formato large è andato bene anche “perché in entrambe le regioni il M5S portava in dote alla coalizione una percentuale relativamente piccola di consensi”». Come dire, dato il precedente apporto,non che ci aspettasse molto di più: dunque, il calo ulteriore registrato nell’ultimo appuntamento elettorale non ha pesato. Non più di tanto almeno…
Insomma, il M5S non mette e non toglie: che se3 da un lato può considerarsi uno sgravio di responsabilità (negative) da parte del Movimento, dall’altro è solo in parte una “magra consolazione”. Ma guardandola dalla prospettiva del Pd e dall’angolazione dei fautori/detrattori del campo largo, come valutare apporto e peso dei 5S all’interno dell’alleanza scricchiolante? E, soprattutto, cosa rispondere a chi, tra i pentastellati, insiste e sostenere la tesi del ritorno all’agone in solitaria, senza alleanze, come era agli albori, prima delle prove tecniche di associazione. E, soprattutto, prima che i dem fagocitassero e cannibalizzassero gli alleati?
Un punto almeno è chiaro e inequivocabilmente sentenziato dalle urne: i risultati per Conte e per l’assemblea che sta per aprire i battenti e inaugurare i lavori non sono incoraggianti. Specie in considerazione del cannibalismo del Pd che, come ha avuto modo di sottolineare l’immancabile Toninelli dai microfoni di Radio Gusano, in veste di ex ministro dei governo giallo-verde e di attuale membro del collegio dei probiviri del M5S, «è il tronco» e poi c’è «qualche ramoscello che sono gli altri. Quello che perde di più è il partito di Conte che ha deciso di schierarsi in maniera preconcetta e priva di contenuti con il Pd e la gente gli sta dando delle sonore bastonate».
Sentenziando amaramente sull’onda di una semplice constatazione matematica: «Il M5S ha dimezzato i voti rispetto alle ultime elezioni: da 100mila a 50 mila in Emilia Romagna e da 30mila a 15mila in Umbria. Se non è una sconfitta questa che cosa è?». Concludendo lapidario: «Conte si è già scavato la fossa»…
Al netto delle recriminazioni, poi, dall’autopsia della sconfitta anche a detta di Toninelli molta «gente se ne è andata dal M5S, buona parte nell’astensionismo, ma altri hanno addirittura votato Meloni, non gliene importa di destra e sinistra», ha aggiunto concludendo la sua disamina. La sua come quella di molti editorialisti che, con buona pace del mainstream e dei suoi aedi mediatici, è giunta alle stesse conclusioni…
Tranne La Stampa che, pur considerando il terreno scivoloso su cui il M5S si è inerpicato, ancora oggi, dalle sue colonne rilancia l’appello ad « aspettare e sperare che il voto degli iscritti M5s confermi la collocazione nel campo progressista e l’alleanza con il Pd come strada principale da seguire». Con il se, posto grande come una casa da Conte, che a riguardo ha sostenuto: in caso contrario, «se il percorso fatto fin qui verrà messo in discussione, ne trarrò le conseguenze, com’è giusto che sia».
Dimissioni paventate, quindi, se domenica pomeriggio, al termine dell’assemblea costituente, dovessero risultare approvati i quesiti che propongono di «vietare ogni forma di alleanza» o di «mantenere la storica distanza dalla destra e dalla sinistra». E mentre il dibattito ferve, a metà strada tra chi si dice certo che «Conte si è già scavato la fossa». E chi, al contrario, dai piani alti del Movimento ritiene che «sia tra i parlamentari che tra gli iscritti la maggioranza pensa sia giusto contribuire con generosità, anche a costo di perdere voti, con l’obiettivo di battere la destra», Grillo scarica l’asso di un messaggio criptico che, invece, tra allegorie belliche e metafore nipponiche enigmatiche, a vertice e parlamentari arriva forte e chiaro: «Conte, è l’ultimo dei giapponesi. Non si è accorto che il M5S è finito».
E l’ex premier? Prova a non curarsi delle voci e a guardare e passare la mano agli agli iscritti. «Se il percorso fatto fin qui verrà messo in discussione, come ogni leader, ne trarrò le conseguenze. Non possiamo più, dopo avere assunto responsabilità di governo, riproporre la logica del vaffa. Devono prevalere le soluzioni per migliorare la qualità della vita dei cittadini». Ma il dubbio dei più, all’interno del partito multiforme, è che pochi iscritti vadano a votare all’Assemblea, di fatto delegittimando autorevolezza e credibilità del leader, solo al comando.
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