Il paradosso, scusate il gioco di parole, è che l’azione di un giudice che si chiama Mehta (un quasi omonimo dell’altra azienda di Big Tech che sta dominando il mercato del digitale a livello globale) potrebbe incidere sul business del futuro di Google. Scherzi a parte, la Divisione Antitrust del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti starebbe per chiedere a Big G di vendere il suo browser Chrome, per evitare l’abuso di posizione dominante e per mettere un freno a quello che – nel campo dei motori di ricerca – è praticamente diventato un monopolio. Si è spesso parlato, soprattutto in Europa, della potenza di fuoco dei giganti del digitale e, spesso, la legislazione europea (si pensi soltanto al Digital Markets Act o al Digital Services Act) ha già imposto delle limitazioni a questi colossi. Tuttavia, può sembrare strano, ma il mercato dell’UE non è così centrale per le grandi aziende del digitale e adeguarsi – negli stati membri – ad alcuni confini imposti dalla legge è meno impattante di quello che si potrebbe pensare. Tuttavia, se a chiedere delle soluzioni drastiche è l’amministrazione dello Stato in cui hanno sede le grandi aziende, il discorso si complica. Per questo la richiesta del dipartimento di Giustizia Usa di vendere Chrome potrebbe essere molto più che il classico tanto rumore per nulla.
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Perché gli osservatori di questa mossa hanno stabilito che la richiesta di vendita di Chrome rappresenti la più grande restrizione agli affari di Google dal momento della sua fondazione. Non si tratterebbe, infatti, soltanto di una operazione di vendita, ma anche di concedere a terze parti i dati derivanti dal motore di ricerca, compresi quelli attualmente impiegati per l’addestramento dell’intelligenza artificiale made in Mountain View (ovvero, Gemini). Inoltre, il dipartimento di Giustizia chiederebbe a Google una maggiore trasparenza e una netta distinzione tra tutti i suoi prodotti (il sistema operativo Android, il motore di ricerca e l’app store di riferimento).
Il processo, si capisce, non sarà immediato. La decisione definitiva, infatti, dovrebbe arrivare entro la metà del 2025, ma intanto Google non l’ha presa benissimo. Alle prime indiscrezioni sulle possibili mosse del dipartimento di Giustizia americano, infatti, il colosso di Mountain View ha fatto capire che questa decisione andrebbe a superare gli eventuali presupposti legali di una vendita richiesta dal sistema che – negli Usa come nel resto del mondo – favorisce la concorrenza tra imprese. Google è preoccupato, inoltre, che uno scenario in cui dovesse vendere Chrome andrebbe a bloccare il suo sviluppo tecnologico con conseguenze endemiche per tutto l’ecosistema digitale degli Stati Uniti.
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