Cosa vuol dire convivere con una delle oltre 150 malattie croniche classificate come reumatologiche? Lo rivela un recente sondaggio di WeResearch per conto di APMARR, accendendo così i riflettori sulla difficile quotidianità di chi ne soffre, ma anche sulla necessità di sensibilizzare la popolazione sul tema. Artrite reumatoide, artrite psoriasica, gotta, lupus, fibromialgia, osteoartrite: ecco alcune delle patologie raccolte sotto l’ampio ventaglio delle malattie reumatologiche. Sconosciute ai più – come rivela il sondaggio effettuato per il 40° anniversario APMARR (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare) APS ETS – hanno tutte un denominatore comune: il dolore e la capacità di sconvolgere ogni aspetto della vita quotidiana. Fino a che punto, lo chiarisce la nuova ricerca i cui risultati sono stati presentati il 5 novembre durante l’evento istituzionale “Da ieri in poi. Viaggio nei 40 anni di APMARR”. A rispondere al sondaggio 1627 persone, di cui 274 con malattie reumatologiche, 100 caregiver di questi pazienti e 1253 individui non interessati da queste patologie.
La vita cambia. In peggio.
Tristezza (49,2%), paura (47,8%), smarrimento (44,9%) e ansia (43%) sono i sentimenti che accompagnano l’annuncio della diagnosi. A ruota, il netto peggioramento della qualità della vita, che travolge quasi la metà degli intervistati (48,9%, con punte fino al 53,2% nella fascia 65-75 anni) e la necessità di cambiamenti drastici per tanti di loro: deve farli il 70,9% (ma era l’83,3% prima del 2000, cioè prima dell’arrivo di nuove terapie, tra cui i farmaci biologici). Sotto la scure della malattia finisce in primis il lavoro: il 60,8% dei malati ha dovuto abbandonarlo o ridurre l’impegno; segue lo sport per il 38,9%. La diagnosi si ripercuote anche sulla sfera affettiva per il 32,8% del campione, con un impatto maggiore (40%) nella fascia tra i 65 e i 75 anni. Denunciano anche effetti sui rapporti sessuali il 79,4% delle persone.
“L’impatto invalidante delle patologie reumatiche è evidente, non solo per la limitazione fisica e comportamentale che spesso ci si trova ad affrontare, ma anche per la riconfigurazione della propria immagine di sé come persona. Dal punto di vista psicologico-emotivo la diagnosi e l’esperienza della malattia si accompagna spesso a una perdita di senso di autoefficacia, ad autolimitazioni nelle attività professionali e quotidiane, a forme di isolamento sociale”, ha commentato all’evento Guendalina Graffigna, docente di psicologia dei consumi e della salute all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona.
Per di più, le terapie farmacologiche sono spesso deludenti. “Soltanto uno su 10 si mostra tranquillo e questo dato si dimezza se dobbiamo prendere in considerazione ogni cambio di terapia, che purtroppo avviene spesso”, ha sottolineato nel corso dell’evento Luis Severino Martin, presidente del CReI (Collegio dei Reumatologi Italiani). Basti pensare che quasi un paziente su 5 ha dovuto cambiare terapia 5-6 volte.
Scarsa consapevolezza
La rabbia è un altro sentimento provato da questi malati (39,8%), che si rimproverano di non aver cercato una diagnosi prima. Del resto, il 78,3% degli italiani non si è mai sottoposto a test per patologie reumatologiche. Non stupisce, visto che sono per lo più poco note: ne ha solo sentito parlare l’85,7% delle persone che non ne soffrono e che sono state coinvolte nella ricerca. La prof. Graffigna attira l’attenzione sulla “scarsa consapevolezza che l’opinione pubblica ha circa questo invalidante impatto delle malattie reumatiche e la tendenza a stereotipizzare queste diagnosi come tipiche dell’età avanzata: elementi che tendono a stigmatizzare la malattia e a far sentire isolato e poco compreso chi ne soffre”. E questo nonostante il lavoro di associazioni come l’APMARR per sensibilizzare su queste malattie, che affliggono oltre 5 milioni di italiani (il 10% della popolazione), e che a livello europeo sono la principale causa di disabilità dopo le malattie cardiovascolari.
Diagnosi tempestiva
Trattandosi di patologie che agiscono su articolazioni e muscoli e che, finché non sono curate, continuano ad evolversi arrivando a causare danni agli organi, la diagnosi tempestiva è cruciale.
“Le nostre patologie sono un po’ bizzarre, i sintomi sono spesso confondenti. Ciò porta spesso a diagnosi ritardate – spiega Antonella Celano dell’APMARR -. I sintomi sono disparati, ma ci sono dei campanelli d’allarme da non sottovalutare: un dolore forte e persistente, sopratutto notturno; rigidità mattutina; articolazioni rosse, gonfie e dolenti. È importante ascoltare il proprio corpo, osservarsi così da riuscire a capire quando qualcosa non va, e rivolgersi subito al medico di base”.
Ecco i segnali da tenere d’occhio secondo la Società Italiana di Reumatologia (SIR):
L'articolo “Un forte dolore e la capacità di sconvolgere ogni aspetto della vita quotidiana”: cosa sono le malattie reumatologiche e perché non colpiscono solo gli anziani proviene da Il Fatto Quotidiano.