Legumi secchi, in apparenza. In realtà, come nella classica scena da film stile narcos, dal blitz della Guardia di finanza è emerso ben altro, in quel container importato dal Canada: oltre una tonnellata di droga nascosta all’interno di quelle presunte confezioni di cibo.
Nello specifico, 1.168 chilogrammi di marijuana.
Un’operazione che ha portato a 17 nomi sul registro degli indagati, 15 dei quali con misure cautelari a carico.
Tra di loro anche una guardia giurata che lavora a Treviso, Antonio Malafronte, 39 anni, originario del Salernitano, finito agli arresti domiciliari.
Secondo gli inquirenti, proprio l’azienda di famiglia della guardia giurata, la Malafronte Group Srl, ha organizzato il viaggio del container dal Canada a Salerno a bordo della motonave Livorno Express.
È dei giorni scorsi la sentenza della Corte di cassazione che respinge il ricorso della guardia giurata trasferitasi a Treviso contro la misura degli arresti domiciliari.
Proprio per il fatto di essere ora lontano dal luogo in cui sarebbe stato commesso il reato, oltre che per la fedina penale pulita, i legali della guardia giurata avevano chiesto la revoca della misura. Ma i giudici sono stati di altro avviso, e hanno confermato i domiciliari alla luce «della valutazione della pericolosità del soggetto e della frequenza dei suoi rapporti con soggetti versati in attività criminali».
Il blitz della Guardia di finanza era andato in scena ad aprile dello scorso anno. La marijuana sequestrata è risultata essere ottenuta dall’impiego di particolari tecniche di ibridazione nel corso della coltivazione, per garantire la presenza di elevati livelli di tetraidrocannabinolo (Thc).
Solo pochi mesi dopo quel blitz, Antonio Malafronte si era trasferito a Treviso, trovando lavoro come dipendente in una società che si occupa di vigilanza privata.