“È obbligatorio?” Questa è la domanda che molti imprenditori si pongono quando sentono parlare del Modello 231. La risposta? No, non lo è. O almeno, certamente non lo è dal punto di vista formale.
Il mondo dell’imprenditoria sta cambiando, e lo sta facendo silenziosamente. Se fino a qualche anno fa il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (meglio noto come Modello 231) era considerato uno strumento per pochi, oggi sta diventando un vero e proprio biglietto da visita per operare nel mercato moderno.
Il cambiamento è iniziato nel 2001, quando il legislatore ha introdotto una novità senza precedenti: in sostanza si è deciso di superare il principio della natura personale della responsabilità penale. Per la prima volta nella storia del diritto italiano, le società potevano essere chiamate a rispondere penalmente, esse stesse, dei reati commessi dai loro dirigenti, funzionari o dipendenti, nel loro interesse.
Non si tratta solo di regole scritte su carta. Dalla gestione finanziaria alla sicurezza sul lavoro, dai rapporti con i fornitori alle relazioni con la Pubblica Amministrazione: ogni aspetto dell’attività aziendale viene ripensato in un’ottica di prevenzione e trasparenza.
La legge non lo impone come obbligo, è vero. Ma il mercato sta parlando chiaro: le aziende che scelgono di non dotarsi di questo strumento rischiano di autoescludersi da importanti opportunità di business.
La spinta al cambiamento arriva da più fronti. Se si prova a partecipare a una gara d’appalto pubblica senza averlo adottato, le possibilità di successo potrebbero anche ridursi drasticamente. Le strutture sanitarie private che vogliono operare in convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale devono necessariamente dotarsene. Anche le banche e gli istituti finanziari lo considerano ormai uno standard rilevante.
Diverse amministrazioni regionali hanno già reso il Modello 231 obbligatorio per tutte le imprese che vogliono lavorare in convenzione con gli enti pubblici. Un segnale chiaro che sta influenzando l’intero sistema amministrativo italiano.Ma la vera novità degli ultimi anni viene dal settore privato.
Molte grandi aziende stanno inserendo il Modello 231 tra i requisiti fondamentali per i propri fornitori e partner commerciali. Chi non si adegua rischia di rimanere escluso da importanti opportunità di business, in un mercato che richiede standard sempre più elevati di organizzazione e controllo.
L’evoluzione del sistema economico ha portato a un progressivo ampliamento delle fattispecie di reato che possono coinvolgere un’azienda:
La gestione finanziaria rappresenta la prima linea di attenzione. Dal falso in bilancio all’evasione fiscale, dalle operazioni societarie irregolari alla gestione impropria dei flussi finanziari: ogni aspetto della vita economica dell’azienda può nascondere insidie. La digitalizzazione ha poi aggiunto nuovi fronti di vulnerabilità, con i reati informatici che minacciano tanto i dati aziendali quanto quelli dei clienti.
Il campo della sicurezza sul lavoro merita un’attenzione particolare. Gli incidenti sul posto di lavoro non sono più considerati semplici fatalità, ma possibili conseguenze di carenze organizzative di cui l’azienda deve rispondere. Analogamente, i reati ambientali sono diventati un tema centrale, specialmente in un’epoca in cui la sostenibilità non è più un’opzione ma una necessità.
I rapporti con la Pubblica Amministrazione costituiscono un altro ambito sensibile. Dalla corruzione alla truffa ai danni dello Stato, dalle irregolarità negli appalti alla gestione impropria dei finanziamenti pubblici: sono tutte aree che richiedono protocolli rigorosi e controlli costanti.
Adottare un Modello 231 non significa semplicemente acquisire un documento preconfezionato. Ogni azienda rappresenta una realtà unica, con le proprie caratteristiche, i propri rischi e le proprie esigenze. Per questo motivo, l’implementazione del modello 231 richiede un percorso dedicato e personalizzato che si sviluppa in 3 step:
Questa fase permette di individuare le aree sensibili, quelle dove il rischio di commissione di reati è più elevato. Un’azienda manifatturiera, ad esempio, avrà un’attenzione particolare per la sicurezza sul lavoro e l’ambiente, mentre una società di servizi finanziari si concentrerà maggiormente sui rischi legati alle operazioni economiche.
Dopo l’identificazione dei rischi, l’attenzione si sposta sui sistemi di controllo esistenti. Questa valutazione permette di comprendere se e dove l’azienda è già sufficientemente protetta e dove invece necessita di nuove procedure. Solo a questo punto si passa alla definizione dei protocolli operativi, vere e proprie linee guida che stabiliscono come gestire le attività quotidiane minimizzando i rischi.
Il processo si completa con la creazione di un sistema di controllo efficace, il cui cardine è l’Organismo di Vigilanza. Questo organismo, che deve godere di reale autonomia e indipendenza, ha il compito di verificare che il modello non rimanga sulla carta ma diventi parte integrante della vita aziendale.
Il tessuto imprenditoriale italiano è composto principalmente da piccole e medie imprese, realtà che spesso vedono il Modello 231 come un ostacolo burocratico troppo oneroso da affrontare. Ma questa percezione sta gradualmente cambiando, mostrando come anche le strutture più snelle possano trarre beneficio da una sua corretta implementazione.
La questione dei costi e delle risorse rappresenta naturalmente il primo pensiero per una PMI. L’implementazione del modello richiede un investimento iniziale in termini economici e organizzativi che può apparire significativo. Tuttavia, l’esperienza dimostra come sia possibile sviluppare soluzioni calibrate sulle reali dimensioni e necessità dell’impresa, senza appesantire eccessivamente la struttura aziendale. Nulla è più importante di avere uno “scudo” quando poi i problemi si verificano realmente.
Il vero valore aggiunto emerge infatti quando il Modello 231 viene interpretato non come un semplice adempimento, ma come un’occasione per rivedere e ottimizzare i processi aziendali. Molte PMI hanno scoperto che questa implementazione ha portato a una maggiore efficienza operativa, a una migliore gestione dei rischi e a un vantaggio competitivo nei confronti di concorrenti meno strutturati.
L’esperienza di chi ha già intrapreso questo percorso dimostra come l’implementazione del modello possa trasformarsi in un vero e proprio asset strategico. Diversi sono i vantaggi da tenere in considerazione con il Modello organizzativo 231:
La mappatura dei processi richiesta dal modello permette di identificare e correggere inefficienze operative spesso nascoste. Procedure più chiare e definite riducono gli errori, migliorano la comunicazione interna e aumentano la produttività complessiva. Non è raro che le aziende scoprano, durante l’implementazione, criticità di cui non erano consapevoli.
Sul fronte commerciale, il Modello 231 si sta rivelando sempre più un fattore distintivo. La sua presenza facilita l’accesso a nuove opportunità di business, specialmente nei rapporti con grandi gruppi industriali e multinazionali, che spesso lo considerano un prerequisito per l’avvio di collaborazioni. Nel settore degli appalti pubblici, poi, la sua adozione può fare la differenza tra l’essere ammessi o esclusi da una gara.
Anche il rapporto con gli istituti di credito ne beneficia. Le banche guardano con maggior favore alle aziende dotate di un Modello 231, considerandolo un indicatore di solidità organizzativa, di corretta gestione del rischio, e – perché no? – di modernità. Questo può tradursi in condizioni più vantaggiose nell’accesso al credito e in una maggiore fiducia da parte degli stakeholder finanziari.
Nel prossimo decennio, la capacità di gestire i rischi e garantire la compliance normativa diventerà un fattore sempre più determinante per la competitività aziendale. Rivolgersi a uno studio legale per implementare il modello 231, obbligatorio (puoi ottenere maggiori informazioni da qui) come abbiamo visto non formalmente ma nei fatti, rappresenta una scelta strategica per ogni impresa che guarda al futuro. Un approccio professionale permette infatti di evitare errori costosi e di costruire un sistema realmente calibrato sulle specificità dell’azienda. Il Modello 231 rappresenta proprio questo: non un semplice scudo legale, ma uno strumento di evoluzione aziendale che, se correttamente implementato, può aprire le porte a nuove opportunità di crescita e sviluppo.
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