PAVIA. BookCity Pavia viene inaugurato questa sera, venerdì 15 novembre, alle 21, nell’aula magna del collegio Ghislieri con il primo incontro con l’autore: Alessandro Piperno, premio Strega 2012 con Inseparabili, dialogherà con il linguista dell’Università di Pavia Giuseppe Antonelli. Una conversazione che ripercorrerà le principali tappe della carriera dello scrittore e critico letterario romano, il suo legame con i classici della letteratura e che toccherà i temi della famiglia, della religione e delle dinamiche sociali.
Piperno, classe 1972, insegna letteratura francese all’Università di Tor Vergata, Roma, ed è da cinque anni curatore della collana I Meridiani. Nel 2005 ha pubblicato per Mondadori Con le peggiori intenzioni, il suo primo romanzo, vincitore del premio Campiello Opera prima. Nel 2010 è uscito Persecuzione (che in Francia è stato finalista ai premi Médicis e Femina e ha vinto il Prix du meilleur livre étranger) e che insieme a Inseparabili (premio Strega 2012) dà vita al dittico dal titolo Il fuoco amico dei ricordi. Nel 2016 è uscito Dove la storia finisce. Nel 2021 pubblica Di chi è la colpa e nel 2024 Aria di famiglia, primi due romanzi di quella che sarà una trilogia con protagonista il professor Sacerdoti.
Un romanzo che attraversa con sentimento, tenerezza e anche ironia, il tema della genitorialità, dell’appartenenza religiosa, delle relazioni sociali e professionali.
In Aria di famiglia il professor Sacerdoti – romanziere, accademico e impenitente misantropo - si ritrova a cinquant’anni un moccioso tra i piedi.
«Una sorta di paternità surrogata, di cui si parla anche in questo momento. Con l’arrivo del nipote Noah, figlio orfano di una sua lontana cugina ortodossa, Sacerdoti riscopre le propria origine ebraica».
Ed è quello che è accaduto a lei dopo il 7 ottobre.
«Mi rifaccio al celebre e criticatissimo saggio in cui Sartre sostiene che gli ebrei scoprono di essere tali nei momenti difficili, quando gli altri glielo fanno notare. Questa è una cosa che negli ultimi anni constato su di me e sulla mia famiglia. I fatti del 7 ottobre hanno scombussolato tutti, toccare l’argomento mi è sembrata un’occasione profonda per dare un senso al sentirsi parte di qualcosa che ti opprime ma da cui non riesci a scappare».
Per fortuna tra Sacerdoti e Noah c’è anche una relazione divertente.
«La loro coppia è un topos, un bambino ebreo ortodosso, super osservante e uno zio miscredente, di partenza anaffettivo. Mi sono divertito anch’io a raccontare questo cortocircuito. C’è anche un aspetto comico nella loro storia».
Questa paternità inattesa, quasi maldestra, non è il solo guaio per Sacerdoti.
«Viene cacciato dall’Università con un’accusa infamante di sessismo da parte di una collega».
Ogni riferimento è puramente casuale o è un’occasione per riflettere sulle relazioni anche nell’ambiente di lavoro?
«Credo che sia un problema serio di questi tempi. Non ha ancora raggiunto da noi la dimensione che ha ad esempio assunto negli Stati Uniti e in altre culture. Ma confesso che, nel mio piccolo, non faccio più lezione con la stessa libertà di una volta. Ricorro a un’autocensura che non uso quando scrivo. Misuro ogni parola per non urtare delle sensibilità. A lezione oggi sei ripreso, registrato dagli studenti. Ho da tempo abbandonato l’atteggiamento scanzonato a discapito della fruibilità. Va detto che tanti anni fa l’Università dei baroni era anche peggio, qualcosa in meglio oggi è cambiato. Il problema è quando interviene la morale giacobina o stalinista». —