Il Tribunale ha disposto la liberazione dei due tifosi della Pallacanestro Trieste arrestati e ristretti ai domiciliari in seguito allo scontro con gli ultras della Openjobmetis Varese di domenica scorsa al termine della partita al PalaTrieste di Valmaura.
Il gip Flavia Mangiante, al termine dell’udienza di venerdì mattina durata circa mezz’ora, ha convalidato l’arresto ma non ha ravvisato necessità cautelari a carico dei due indagati, difesi dall’avvocato Giovanni Adami del Foro di Udine. Si tratta di un cinquantenne e di un trentenne che non appartengono alla curva ma gravitano comunque nell’ambiente.
La Questura, dal canto suo, ha invece emesso il Daspo (Divieto di accedere alle manifestazioni sportive) rispettivamente di due anni per il cinquantenne e di cinque per il trentenne.
Il caso è affidato al pm Chiara Degrassi che sta dirigendo le indagini della Digos e della Polizia scientifica. Gli agenti hanno analizzato molto materiale video, da cui appunto è scattato l’arresto in flagranza differita di sei tifosi coinvolti nelle violenze (quattro di Varese e i due di Trieste). Dalle immagini (oltre che dalle testimonianze dei poliziotti) si evince che i due triestini avrebbero avuto un ruolo in qualche modo attivo nel pestaggio scoppiato davanti al palasport di via Flavia.
[[ge:gnn:ilpiccolo:14785040]]
Ma tutto è cominciato dagli ultras di Varese. Erano una ventina. Dopo aver fatto finta di andare via in auto imboccando la grande viabilità (scortati dalla Polizia), erano ritornati sui loro passi raggiungendo a piedi l’esterno della struttura sportiva armati di bastoni e delle aste delle bandiere. Sapevano dove andare e dove lasciare le auto. Un attacco premeditato, dunque. Anche perché il gruppetto di varesini, spalleggiato durante la partita dai gemellati ultras della Apu Udine, era uscito dal palazzetto una decina di minuti prima della conclusione del match. Non a caso, ma proprio per preparare l’assalto ai triestini. Il fatto che i varesini sapessero come muoversi a Valmaura e dintorni fa pensare a una regia. Qualcuno li aveva istruiti? La Digos sta infatti indagando su un eventuale coinvolgimento degli ultras friulani presenti domenica tra gli spalti.
I varesini, ormai giunti nei pressi dello stadio Grezar con i volti coperti da cappucci e sciarpe nere, lanciavano petardi e fumogeni, urlando e – così si apprende da varie testimonianze – colpendo anche a casaccio chi passava in scooter e in auto.
Ma il loro obiettivo erano proprio gli ultras della Pallacanestro Trieste. E invece, mano a mano che si avvicinavano minacciosi al palazzetto, si erano trovati davanti la gente comune che stava defluendo dalla struttura. Gli agenti avevano provato a calmare gli esagitati, a parole. Ma alcuni triestini avevano risposto alle provocazioni, arrivando alle mani con gli aggressori, nonostante l’invito dei poliziotti ad andarsene. Le due fazioni, oltre a picchiarsi con calci, pugni e bastoni, avevano usato anche segnali stradali. Come transenne e altro.
Il giudice, analizzando il fascicolo, non ha ritenuto sussistenti per i due triestini gli indizi di colpevolezza relativi ai reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni e danneggiamento. Ma solo quello di rissa.
«L’intenzione era quella di ottenere la completa libertà personale dei miei assistiti», afferma l’avvocato Adami. «Poi vedremo come affrontare il processo. Gli atti che ora abbiamo potuto vedere sono solo parziali, quindi qualsiasi linea difensiva e il tipo di rito da scegliere deriveranno da un’analisi più completa del fascicolo». Le indagini comunque continuano.
Convalidato anche l’arresto per gli ultras lombardi, interrogati nel Tribunale di Varese e liberati dai domiciliari. Ma nei loro confronti è stata stabilita una misura cautelare: l’obbligo di firma per tre volte la settimana, oltre che durante le partite di basket della squadra. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA