Poco più di un mese fa il Tar aveva dato ragione al colosso Danieli e deciso che dovevano essere consegnate le firme raccolte per una petizione contro la costruzione di una acciaieria. Alla decisione era stato presentato ricorso e oggi il presidente della V sezione del Consiglio di Stato, Paolo Giovanni Nicoló Lotti, ha concesso la sospensione dell’esecutività della sentenza del Tar che imponeva alla Regione Friuli-Venezia Giulia di consegnare le liste dei 21.974 cittadini che avevano firmato contro la realizzazione dello stabilimento a San Giorgio di Nogaro (Udine). È stato l’avvocato Carlo Monai, che ha depositato al Consiglio di Stato il ricorso in appello a nome e per conto di Furio Honsell, Marino Visintini e Paolo De Toni, tra i firmatari più attivi nella raccolta delle adesioni alla petizione, a comunicare la sospensiva
L’avvocato Monai, che rappresenta i tre firmatari che si sono costituiti avanti al Tar per “resistere” alle richiese della Danieli, “da loro definite intimidatorie – ha riferito il legale – rispetto all’esercizio di un diritto politico del cittadino“, ha poi commentato la posizione della Regione Fvg nella vicenda. “Ci aspettavamo – ha detto – che l’appello arrivasse dalla Regione e a fronte del suo assordante silenzio, i tre firmatari si sono addossati l’onere di un gravoso appello che, sia pur in zona Cesarini, ha scongiurato il rischio che lunedì prossimo la Danieli potesse disporre di un vasto database lunedì prossimo per dare corso alle sue annunciate iniziative”. Monai ha poi fatto sapere che “l’esecuzione della sentenza è stata congelata e il 21 novembre se ne discuterà davanti al collegio della V sezione del Consiglio di Stato. L’auspicio è che la Regione notifichi a sua volta l’appello a rafforzare un fronte comune a difesa delle libertà democratiche”.
Era anche anche sulla base di quella petizione che la giunta del leghista Massimiliano Fedriga aveva bloccato il progetto industriale, suscitando la reazione di Danieli che lo scorso febbraio aveva chiesto addirittura 100mila euro di danni. Nel ricorso di quest’ultima si adombrava la possibilità di procedere per danni nei confronti dei firmatari, per le accuse di rischio ambientale riferite al progetto.
I giudici del Tribunale amministrativo regionale avevano sostenuto che un documento, in possesso dell’amministrazione pubblica per attività di pubblico interesse, deve essere sottoposto alla disciplina dell’accesso. Inoltre avevano affermato che la pubblicità dell’elenco è coerente con la natura delle petizioni che hanno come scopo quello di influenzare il processo decisionale pubblico con richieste e proposte che nascono dai soggetti che le sostengono. In una parola, la semplice sottoscrizione di una petizione pubblica significa, implicitamente e in ragione della natura dell’atto, adesione alla pubblicazione del proprio nominativo. È stata così accolta la tesi secondo cui non ci si trovava di fronte a una legittima protezione dei dati personali, l’identità dei firmatari, da parte della Regione. Ora la parola nel merito spetta al Consiglio di Stato.
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