Una storia di famiglia, più che di amici. Marito e moglie, fratelli e figli. Oltre a un’intera cittadinanza, quella di Mortegliano: famiglia per estensione. Nel corso degli anni accolta, sfamata e ospitata. Dal 1954, anno in cui la locanda “Ai tre amici” passò nelle mani dei Tirelli, fino ad ora, settant’anni dopo: passato e presente uniti da una continuità di servizio che è attestato di qualità, la cucina proposta un sunto della tradizione enogastronomica del territorio. Sul territorio, l’attività di via Cavour opera ancora oggi grazie all’intuito di chi, alle origini di questa storia, intravide in quell’antico locale, già attivo a fine ‘800, le prospettive di una vita al servizio del paese e della sua gente.
«Papà Alfredo lo acquistò insieme agli zii – ricorda Giuseppe Tirelli –: era l’11 novembre del ‘54».
Giorno propizio, coincidente con la festa di San Martino. Dal mantello che l’ex guardia imperiale diede a un poveretto, avviando il suo iter di conversione, alla benedizione concessa all’esercizio e ai suoi proprietari. Il parallelismo non stona: «Mio padre – prosegue Giuseppe – andava a chiedere l’elemosina davanti alla latteria di Mortegliano, non aveva un introito per poter mangiare, non venendo da una famiglia di contadini. Non era voluto andare in Canada a tentare la fortuna. È rimasto qui». Scelta che ha pagato.
Prima dell’acquisizione, la locanda e le sue stalle venivano frequentate dai mercanti che dall’Austria andavano verso Venezia nonché dai colleghi che, dal Centro e dal Sud Italia, portavano i propri affari all’estero. Mangiavano e dormivano con gli animali. «Quando entrò la nostra famiglia, vennero mantenute l’osteria e la trattoria».
Nel 1957, il matrimonio tra Alfredo e Laura: «Papà si occupava del bar e del servizio a tavola, mamma invece seguiva la parte della cucina. Papà – spiega ancora il figlio Giuseppe – aveva lavorato a Verbania, sul lago Maggiore, e aveva frequentato dei corsi ad hoc; mamma aveva imparato a cucinare grazie alle zie, che all’epoca accudivano un sacerdote in Svizzera. Lavorava diciotto ore al giorno».
Appresa l’arte, così, la coppia la mise al servizio della comunità in patria. Non senza difficoltà: «Vissero gli anni più duri. Non c’è stato un anno in cui abbiano respirato aria buona, senza debiti in banca. Ciononostante, come ricordato di recente da alcuni clienti, gli operai che non potevano pagare venivano comunque ospitati. Poi saldavano a fine mese».
Gratuità e duro lavoro. «Quand’ero piccolo andavamo col camion del bestiame a prendere i vini del Collio, tuttora nostro punto di forza. In genere, non mangiavamo mai assieme». Spazio così all’aneddoto. «Al tavolo a cui mangiavo di solito c’era un ex partigiano che era stato in confino con Pertini a Ponza, ma anche due fascisti. Ricordo i continui litigi».
Tanti gli ospiti illustri passati nel tempo dai Tre amici. Atleti, musicisti e non solo: «Ho un ricordo meraviglioso di una serata con Gino Bartali, persona squisita».
Fra il 1996 e il 2010, una serie di lavori ampliò locali e offerta della locanda. Ad oggi, guidata dal fratello minore di Giuseppe, Manlio Tirelli, Ai tre amici è anche realtà affermata nel servizio catering. Nel contesto delle celebrazioni per i settant’anni di attività, diverse le iniziative promosse dalla locanda, tutte consultabili sulla pagina ufficiale Facebook.