IVREA
Quella notte tra il 5 e il 6 novembre di trent’anni fa, in Canavese, se la ricordano in molti. Già un anno prima, nel 1993, il territorio era stato pesantemente colpito ed era difficile pensare che tredici mesi dopo ci sarebbe stata una nuova alluvione. Fu in quei giorni che venne coniata l’espressione giornalistica “sindaci con gli stivali” per indicare i tanti amministratori di Comuni piccoli, medi e piccolissimi che si ritrovarono pala in mano a spalare la mota e ad avere chiara la consapevolezza di vivere in un territorio fragile, che aveva bisogno di opere di messa in sicurezza dal rischio idrogeologico e di un sistema organizzato per monitorare e allertare. Da quell’evento, in Canavese furono realizzate le opere legate al nodo idraulico di Ivrea.
Fausto Francisca, di Borgofranco, divenne sindaco nella primavera successiva e quei giorni li raccontò come collaboratore della Sentinella del Canavese. Edoardo Gaetano, di Rivarolo, era sindaco da pochi mesi. Due esperienze diverse ma che, dopo 30 anni, si ritrovano su alcune riflessioni comuni. Una su tutte riguarda l’esigenza di consapevolezza.
«Che cosa mi ricordo? Tanto», dice Francisca, sindaco ancora oggi, seppure con diverse interruzioni. Ricorda quella notte in giro, con l’acqua che arrivava in paese da tutte le parti, strade interrotte, impossibilità a spostarsi. «La mattina – dice – ci trovammo di fronte a tutta la gravità della situazione. Erano esondati tutti i rii, mezzo paese era completamente allagato». Francisca è chiaro nel dire che quell’esperienza gli ha insegnato molto: «La Regione organizzò un sorta di corso per gli amministratori. Tra i tanti, intervenne il procuratore Guariniello che fu molto chiaro, efficace e diretto nello spiegare, appunto, che gli amministratori hanno delle responsabilità, dai mancati allarmi ai lavori per la messa in sicurezza non eseguiti pur avendone la possibilità». Borgofranco ha un territorio fragile: «Cinque rii con cinque aste di torrenti con problemi completamente diversi. Devo dire, che, nel corso del tempo, tutti hanno sempre collaborato. Sono state realizzate molte opere e mai abbiamo proceduto con un esproprio». Cosa è stato fatto? «Una decina di milioni di euro di interventi, otto abitazioni ricollocate. Sono stati realizzati canali scolmatori e opere di messa in sicurezza per proteggere il centro abitato del paese. Sono stati adeguati i torrenti a piene centenarie, bicentenarie, anche cinquecentennali. Non è finito, però, ci sono cinque progetti ancora aperti e da portare avanti». Francisca sottolinea l’importanza della conoscenza del territorio: «Sì, in ogni dettaglio. E poi i piani di Protezione civile. Dentro c’è tutto, è indicato cosa fare, chi e come avvisare. Sono indicazioni che vanno conosciute e divulgate: nel 2000 saltarono tutti i cellulari. E poi c’è una terza cosa, importante». Quale? «Non dimenticare. Ricordarsi esattamente cosa è accaduto. Sono passati trent’anni, si susseguono le generazioni, anche di nuovi amministratori. E molti non conoscono più le cose. A Borgofranco faremo, nella seconda parte del mese, una mostra fotografica in Comune».
Si ricorda benissimo quella notte anche Edoardo Gaetano, all’epoca sindaco di Rivarolo da quindici giorni. «Le previsioni meteo non erano così aggiornate – racconta –. Non si sentiva parlare di zero termico a 4mila metri. Nei giorni successivi, c’era chi sosteneva che la colpa dell’ingrossamento del torrente fosse per l’apertura diga di Ceresole, ma non era assolutamente vero». Mancava consapevolezza: «Neanche noi, che eravamo sul campo, ci rendevamo conto dell’entità di quanto era successo. Anche le persone faticavano a capire: chiudevamo le strade e insistevano per passare lo stesso». I timori, a Rivarolo, erano per il ponte sulla Pedemontana: «I piloni tennero, ma non i collegamenti con le sponde. I torrenti che scendono da nord a sud erodono le sponde verso ovest ed è una consapevolezza che fa fatica a passare ancora oggi. Un esempio? Tra il castello e il fiume c’era molta distanza, ma l’alluvione portò via ettari di terreno coltivato e la circonvallazione. E oggi basta guardare: il torrente scorre nelle immediate vicinanze del castello».