Dovrà essere restituito con gli interessi il finanziamento concesso a Italbovini nel 2018 dalla Società italiana per le imprese all’estero (Simest), società pubblica partecipata al 76% da Cassa depositi e prestiti.
Simest, che avrebbe dovuto finanziare due prestiti da 1,6 milioni e 767 mila euro, aveva accreditato in tutto poco più di 842 mila euro, ma Italbovini era risultata inadempiente rispetto agli obblighi di rimborso dei crediti agevolati ricevuti.
La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla natura privilegiata del credito maturato da Simest, che aveva chiesto di inserirsi nel concordato preventivo chiesto al tribunale di Treviso da Italbovini più di cinque anni fa, il 17 settembre 2019.
Si è dovuti arrivare all’ultimo grado di giudizio perché il commissario giudiziale aveva escluso la natura privilegiata del credito vantato da Simest, che aveva prestato alla ditta ormellese quei soldi per permetterle di avviare due programmi di sviluppo commerciale fra Turchia e Serbia.
I due prestiti erano stati concessi dopo la stipula di due diversi contratti, tutti siglati ad ottobre 2018, ovvero poco meno di un anno prima che la società chiedesse il concordato.
«I motivi del ricorso sono infondati», ha sentenziato la Corte di Cassazione lo scorso 25 settembre, giudice presidente Franco De Stefano.
Nella sentenza, la Corte Suprema ha eccepito rispetto alle obiezioni sollevate dalla ditta, che contestava come Simest non dovesse godere di un credito privilegiato per quelli che Italbovini riteneva essere vizi di forma che avrebbero inficiato il diritto che Simest voleva far valere.
«È risultato pacifico tra le parti che i due finanziamenti agevolati siano stati erogati a valere sul Fondo Pubblico e sul Fondo Crescita Sostenibile, e che l’impresa abbia effettivamente fruito dei finanziamenti agevolati», scrivono i giudici della Cassazione nella sentenza, «Il privilegio ha come “causa” quella di assorbire e recuperare il sacrificio patrimoniale che il sostegno pubblico ha in concreto sopportato in funzione di un utile reimpiego delle somme recuperate, a favore dello sviluppo delle altre attività produttive; e, quindi, deve trovare applicazione ogniqualvolta, come per l’appunto ricorre nella specie, il finanziamento abbia le caratteristiche di un intervento di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive, a prescindere dalla circostanza che la norma sia o meno esplicitamente richiamata».
La ditta, oltre a vedersi rigettare il ricorso, dovrà pagare anche 5 mila euro per le spese di giudizio, oltre alle spese forfettarie e agli esborsi, liquidati in 200 euro. Oltre al prestito, dovrà restituire gli interessi.