A pochi mesi dalla fine delle Olimpiadi di Parigi 2024 gli occhi sono già puntati su Los Angeles 2028 dove, per la quarta edizione consecutiva, ci sarà anche la palla ovale, nella sua versione “ridotta”, cioè il rugby seven. E per la quarta volta consecutiva l’Italia sembra lontanissima dall’avere una chance di qualificarsi per i Giochi Olimpici.
Negli ultimi 20 anni, infatti, il movimento del rugby a sette in Italia ha navigato a vista, spinto per molto tempo dalla sola buona volontà di Orazio Arancio, cui però non hanno fatto seguito né investimenti economici, né la creazione di un campionato di categoria, men che meno una programmazione ad ampio respiro. Tutte cose che, a oggi, continuano a mancare.
Anzi, a essere onesti con l’addio di Arancio, dopo l’arrivo di Marzio Innocenti a presidente Fir, il rugby seven azzurro è oggettivamente morto. In questi anni, fin dall’ultima parte della gestione Gavazzi, si è andato avanti per proclami, riempiendosi la bocca della volontà di essere competitivi anche nella versione ridotta della palla ovale, annunciando imminenti accordi per creare un gruppo sportivo militare che includesse il Seven (dalle Fiamme Oro a quelle Azzurre, passando per varie ipotesi), tutti accordi che si sono dimostrati aleatori e, infatti, ancora non esiste nulla.
Mancano ormai poco più di tre anni a Los Angeles 2028 e ipotizzare la presenza dell’Italia del rugby alle Olimpiadi americane appare quanto meno utopistico. Un progetto non esiste, anche se anche il nuovo presidente federale Andrea Duodo ha dichiarato di voler scommettere sul rugby a sette. Ma, al momento, si tratta di parole cui dovranno seguire – questa volta davvero – i fatti. Ma tre anni sono pochi e, sinceramente, credere di vedere l’Italseven (maschile o, ancor meno, femminile) alle Olimpiadi oggi è pura fantasia.