“La situazione sicuramente è preoccupante. E quello che è successo oggi lo dimostra ancora di più perché è un atto voluto e deliberato da parte dell’esercito israeliano. Noi restiamo qui, siamo rimasti anche in questi giorni quando gli israeliani ci hanno detto di muoverci dalle postazioni vicino alla linea blu. Praticamente ce lo hanno chiesto ogni giorno“. Sono le parole pronunciate a Otto e mezzo (La7) da Andrea Tenenti, portavoce della missione Unifil in Libano, a proposito degli attacchi delle truppe israeliane contro le basi dei caschi blu.
Tenenti, come ha già spiegato giorni fa a Radio 24, sottolinea che la presenza dei soldati è importante per diverse ragioni: “La nostra attività di monitoraggio è molto limitata, ma nel Sud del Libano, in un luogo in cui non c’è nessuna presenza internazionale, ci sono ancora migliaia di persone bloccate nei vari villaggi che hanno bisogno di assistenza umanitaria. Lo stiamo facendo anche se le condizioni sono molto difficili – continua – Israele ci accusa di non aver impedito alle forze di Hezbollah di attaccare Israele? La missione Unifil non era quella di disarmare Hezbollah, ma di assistere l’esercito libanese, cioè far sì che ci fosse una zona nel Sud del Libano senza armi. E logicamente questo è sempre stato un problema”.
A Lilli Gruber che gli chiede se i soldati della missione sono tranquilli dopo le garanzie di Israele a non colpire i civili e le forze dell’Onu, Tenenti risponde: “Oggi siamo stati colpiti 3 volte in 24 ore, quindi non so se queste garanzie di Israele saranno rispettate. Noi siamo qui col mandato del Consiglio di Sicurezza e sarà il Consiglio di Sicurezza a decidere sul futuro della missione, come è successo nel 2006″.
E conclude, auspicando un intervento della comunità internazionale: “Noi rimaniamo nel Sud del paese, ma la situazione è molto complicata. Speriamo che ancora ci si possa trovare un accordo che possa far ritrovare la stabilità in un paese dove negli ultimi 12 mesi migliaia di persone sono morte e molte zone da entrambe le parti sono state distrutte”.
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