In attesa del suo esordio sui campi di Shanghai, Simone Bolelli può festeggiare i suoi 39 anni, con la speranza di poterli celebrare nel migliore dei modi. Uno dei più grandi doppisti della storia del nostro paese, vincitore dell’Australian Open nel 2015 insieme a Fabio Fognini e rinato nel corso di questa con Andrea Vavassori, raggiungendo due finali nel circuito Slam e qualificandosi alle Finals di fine anno. Un’annata meravigliosa, forse insperata dopo il trionfo in Davis dello scorso anno che sembrava apparire come un coronamento alla carriera. Eppure, a 39 anni, Simone è ancora lì, spinto dalla voglia di competere e giocare allo sport che da sempre ama.
Non solo doppio, però. Ci si dimentica spesso di quello che ha rappresentato Simone anche nel circuito singolare, dove è stato capace di spingersi sino alle trentaseiesima posizione del ranking mondiale, in un periodo storico in cui di azzurri in top 100, quasi non se ne vedevano. E allora, ripercorriamo brevemente la sua carriera, fino a domandarci quanto Filippo Volandri vorrà affidarsi a doppisti di professione in vista del titolo da difendere a Malaga.
Non ancora diciassettenne, Simone comincia a vivere il mondo dei professionisti fin dal 2002: primi match e titoli a livello ITF, spingendosi in top 300 a fine 2004. Proprio quando la sua carriera sembrava dover decollare, arrivano i primi problemi fisici: un problema al polso lo costringe a diversi mesi lontano dalla competizione, permettendogli di rientrare solo nel giugno del 2005. Nonostante il lungo periodo di convalescenza, Simone non sembra aver perduto il talento: primo successo contro un giocatore fra i migliori 100 al mondo e prima finale Challenger, a Trani, dove viene sconfitto in due set da Lukas Dlouhy. Il risultato gli permette di entrare, finalmente, in top 200. L’anno dopo prosegue sulla scia del precedente, trionfando a Biella e Como e accedendo per la prima volta al tabellone principale nel circuito maggiore. Nello stesso anno, i primi importanti passi in doppio, con Fognini e Seppi.
Nel 2007, altri due titoli Challenger e le prime vittorie a livello ATP gli assicurano il tanto desiderato ingresso in top 100 e la prima, di tante, convocazione in Coppa Davis. L’ascesa è continua, Simone sembra non volersi fermare: prima finale ATP, ingresso in top 40 e primi scandali con la Federazione. Colpevole di aver rifiutato la convocazione in Davis per concentrarsi sui prossimi tornei indoor, il presidente della FIT, Angelo Binaghi, annuncia in una conferenza stampa la sua squalifica a tempo indeterminato: “Finché sarò presidente della FIT, Bolelli non giocherà più in Coppa Davis“.
Il biennio successivo si rivela il primo grande stop di una carriera che sembrava destinata a risultati ancora migliori: nonostante il raggiungimento del proprio miglior ranking, Simone perde la continuità che lo aveva fin ora caratterizzato, smarrendosi in una crisi di risultati. Separazione dal coach, 6 sconfitte consecutive, e discesa oltre la posizione numero 140. In doppio, però, cominciano ad arrivare i primi risultati insieme a Seppi: ingresso in top 100 e diversi fasi finali raggiunte.
Gli anni a venire continuano a spingerlo verso il tennis di coppia: i risultati in singolare tornano a esserci, fra vittorie importanti con Wawrinka e risultati slam degni dei giorni migliori. In parallelo, stabilmente con Fognini, arrivano i primi due titoli ATP e il nuovo best ranking in doppio, alla trentanovesima posizione. Nel 2013 il polso torna a far male: due operazioni e diversi tentativi di rientro falliti.
L’interlocutorio 2014, è solo la prefazione di ciò che accadrò l’anno dopo: rientrano in campo, il tocco non è sembra smarrito. In singolare non perde di solidità, e in doppio continua a crescere: superando Mahut e Herbert con doppio 6-4, Fabio Fognini e Simone Bolelli conquistano il primo titolo Slam dell’Era Open italiana in doppio. Insieme raggiungono la finale a Indian Wells, Montecarlo e Shangai, entrando fra i migliori 10. Qualificati alle Finals di Londra, non riescono a superare il girone, terminando così una clamorosa stagione.
Fra il 2016 e il 2017 un problema al ginocchio lo condiziona pesantemente, costringendolo a un nuovo intervento chirurgico. Tante posizioni perse nel ranking e una lenta risalita, tornando a vincere a livello Challenger soltanto nel 2018.
L’anno successivo, disputa nelle qualificazioni a Wimbledon l’ultimo match della sua carriera da singolarista, annunciando di volersi dedicare esclusivamente al doppio. Ancora due finale ATP raggiunte, ma nessun trofeo. Superato lo stop per Covid-19, nel 2021 torna a dominare in coppia con Gonzales, con cui conquisterà tre titoli nel circuito maggiore e raggiungerà la semifinale nello slam londinese, perdendo soltanto dalle teste di serie numero 4 Granollers-Zeballos. Altri tre titoli e rientro in top 20 nei due seguenti anni, verso un 2024 ricco di successi.
L’ultima stagione, forse, non serve ripercorrerla. Ciò che ci hanno regalato Simone Bolelli e Andrea Vavassori è semplicemente impossibile da riassumere, in un anno che ha visto l’Italia del tennis sul tetto del mondo.
Ora, le domande da porsi ci sono comunque. Manca sempre meno alla fase finale della Coppa Davis, dove gli azzurri difendono il titolo. Come gestirà l’incontro di doppio FIlippo Volandri? Nella fase a gironi, come ci si aspettava, l’assenza del numero 1 al mondo ha garantito ai due specialisti l’onore e l’onere della miglior opzione. Ma con Sinner in squadra che cosa accadrà?
L’anno scorso il binomio Sinner-Sonego si è rivelato estremamente vincente: vittoria su Griekspoor-Koolhof e Djokovic-Kecmanovic. In entrambe le occasioni, il risultato sarebbe stato determinante. Il 2024 di Lorenzo Sonego, però, è decisamente insufficiente. Davvero difficile pensare ad una sua chiamata, almeno come opzione in singolare. Su di lui, troppe altre opzioni: Musetti, Berrettini, ma anche Cobolli, Arnaldi e forse Darderi. Luciano al momento resta un’incognita su una superficie a lui quasi sconosciuta.
La convocazione di Sonego diventerebbe un indicatore chiaro: il doppio lo giocano lui e il numero 1 al mondo. Ma senza Sonego? Una coppia così ben rodata come quella di Bolelli e Vavassori sarà inferiore a un Sinner – e chiunque altro? Jannik e Musetti avrebbero dovuto portare in alto la bandiera azzurra alle Olimpiadi, ma il forfait dell’altoatesino ci ha impedito di vederli insieme all’opera. E allora l’interrogativo resta.
A sciogliere i dubbi sarà soltanto Volandri, a tempo debito. In ogni caso, è nostro dovere dare il giusto tributo a una leggenda del doppio italiano che, a 39 anni, è ancora lì fra i migliori al mondo.