Riunioni ce ne sono state, ma niente di concreto, per prevenire la tragedia di Alverà. Eppure si erano già verificate colate di fango e detriti dal monte Cristallo, prima di quella da 60 mila metri cubi, che nella
fece esondare il rio Bigontina e investì la strada regionale 48, sulla quale stava viaggiando Carla Catturani.
Nel processo bis per omicidio colposo all’ex sindaco di Cortina, Gianpietro Ghedina, al suo vice Luigi Alverà (presente) e alla dirigente di Veneto Strade, Lara Stefani, sono stati sentiti testimoni della Procura generale e dei familiari della 61enne anestesista dell’istituto Codivilla Putti. Nel primo processo, assoluzione piena per Sandro D’Agostini dell’azienda regionale.
Per l’accusa, il vigile del fuoco Vissà, che è partito dalla telefonata delle 0.40 del titolare del ristorante Rio Gere, nella quale segnalava una colata di grande portata, scesa dal Cristallo. Solo in un secondo momento è arrivata la notizia di una persona dispersa, che sarà ritrovata al buio da un cinofilo del Soccorso alpino a bordo della sua macchina travolta da fango e sassi e distrutta anche per essersi ribaltata più volte. Carla Catturani era già deceduta.
Il vicequestore aggiunto Petrillo del Commissariato di Cortina ha spiegato di essere stato informato di alcuni residenti terrorizzati dall’esondazione del Bigontina nell’abitato di Alverà. È intervenuto e ha capito subito che la prima cosa da fare era evacuare i residenti. C’erano quattro ponti sormontati, tra il rio Gere e il Bigontina: tre di competenza di Veneto Strade e uno comunale. La preoccupazione riguardava anche la festa di Alverà, dove aveva passato la serata Catturani.
La dottoressa si era allontanata alle 0.50 per tornare a casa e non rispondeva al cellulare. A Cortina, in cinque ore sono caduti 29 millimetri di pioggia, ma sul Cristallo tra i 110 e i 120, che avevano scatenato la frana: «Massi grossi come auto e alcuni come camper» ha detto Petrillo, prima di ricordare che c’erano state almeno tre riunioni con Comune, Regole e Demanio sulla sicurezza della 48, ma si è intervenuti solo dopo l’evento. Uno dei problemi riguardava il fatto che la luce sotto i ponti era troppo piccola e poteva riempirsi presto.
Tra i testimoni della parte civile, significativo soprattutto Enrico Ghezze, all’epoca amministratore di Faloria Spa, che aveva parlato con Veneto Strade di una situazione non ideale e ha a sua volta preso parte ad almeno un incontro, alla fine del quale non c’è stato alcun accordo: «Bisognava fare come ad Acquabona».
Nicola Bellodis è il titolare del ristorante Rio Gere. Era stato alla festa, ma si trovava già a casa, quando è stato avvertito da alcuni amici di quello che stava succedendo. Peraltro sulla strada aveva incontrato Walter Catturani, che gli aveva chiesto se avesse visto la sorella. Periodicamente veniva fatta pulizia sotto i ponti, ma evidentemente non è bastata. Nell’udienza del 28 ottobre, i testi della difesa. Intanto, è stato sottolineato che la Protezione civile comunale non aveva uomini e mezzi e l’amministrazione Ghedina era in carica da poco più di un mese.