La felicità la si può trovare in modi diversi, ognuno ha la sua ricetta. Francesco Mattu, per essere felice, ha scelto di fare quello che fa da sempre, il mestiere che gli hanno insegnato i suoi genitori: il pastore.
Diciotto anni fa ha lasciato la Sardegna per vivere in Friuli. A Tramonti di Sotto, tra sacrifici e rinunce, ma anche gioie, ha creato un piccolo allevamento di pecore grazie al quale produce un apprezzato pecorino “sardo-friulano”, come lo definisce lui. Le pecore, infatti, arrivano dalla Sardegna, il Friuli ci mette i suoi luoghi, l’erba, l’acqua, l’aria.
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Andava tutto bene, tutto come voleva Francesco, fino a quando la presenza dei lupi è diventata troppo invadente: delle quaranta pecore che aveva gliene sono rimaste quindici. Un gregge decimato dai lupi. «Così non riesco ad andare avanti – racconta Mattu –, me ne andrò: venderò tutto e tornerò in Sardegna».
Per arrivare nel piccolo allevamento di Mattu, nell’ultimo tratto, si percorre un breve rettilineo che lascia intravedere il suo mondo. Le pecore sui prati, gli asinelli, Ulisse, un pastore belga, affettuoso e attento, che non si separa un istante dal suo padrone. Francesco, ai suoi animali, parla in sardo.
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Ha lo sguardo fiero, di un uomo che sa dare il giusto peso alle cose della vita, ma quando racconta che sta pensando di andarsene, perché costretto, i suoi occhi guardano verso il basso. «L’ultimo attacco l’ho subito il 6 agosto: sei pecore uccise, tutte assieme – dice –. Ho assistito. Erano tre lupi. Mentre due azzannavano le mie bestie, uno mi guardava: senza paura. Questi lupi non hanno paura dell’uomo».
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Francesco non produce soltanto pecorino. Da anni, nella sua attività vanno bambini, disabili e anziani: gli fa vedere come si fa il formaggio, li intrattiene con gli animali. Gli parla di sé e della sua storia, del mondo al quale ha dato forma e che, ora, gli sta sfuggendo di mano. «La convivenza tra l’uomo e il lupo è impossibile – osserva amaro –. Ci sono interessi finanziari, dietro, ma, così, si mette in ginocchio l’economia delle zone di montagna, si porta al collasso queste terre. Cosa dovrei fare? Comprare altre pecore, per mettere a disposizione dei lupi altre prede? Oppure, potrei dotarmi di alte reti di recinzione e cani da guardia: spese importanti, che non posso affrontare. Così, sarò costretto ad andarmene: ho affidato un incarico per la valutazione delle mie proprietà, venderò tutto e tornerò in Sardegna».
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Il regista Christian Canderan ha girato un film documentario sulla vita di Mattu, “Il profumo del mirto”. Una narrazione che ripercorre la sua storia, che oggi vive un nuovo, doloroso capitolo. «Un pastore deve capire quando arriva il momento di smettere, quando è finita. Con quindici pecore non riesco ad andare avanti. Oltre alla produzione di formaggio, il rischio è che vengano meno anche le attività didattiche. Da me arrivano bambini da tutta Italia, me li portano i genitori, anche iperattivi. Per questi progetti non chiedo un euro, non mi interessa lucrare: sarebbe come se mio nonno, quando ero bambino, mi avesse chiesto soldi per insegnarmi a fare il formaggio».
Mattu rivolge lo sguardo anche al prossimo. «I problemi con cui devo convivere io ce li hanno anche altri – sottolinea –. A causa dei lupi, devo fare rimanere le pecore al sicuro, al coperto, ma non è quello che voglio, non è ciò che serve. Sono venuto in Friuli perché, a differenza dalla Sardegna, qui l’erba è sempre verde. Ho fatto sacrifici, ma ho costruito qualcosa. Non dormo la notte. Dovrò andarmene, costretto dai lupi».
La vita è fatta di scelte, se sono quelle giuste possono condurre alla felicità. Francesco Mattu il suo percorso l’ha voluto, immaginato e realizzato. La felicità l’aveva trovata.