Poco dopo l’attacco, non rivendicato da alcun gruppo ma immediatamente attribuito a Israele, l’aviazione israeliana ha lanciato una serie di raid contro obiettivi terroristici nel sud del Libano, colpendo le aree di Ayita al-Sha'ab e al-Khyam, fino a 100 chilometri dal confine. Gli esperti ritengono che chi ha orchestrato l’attacco abbia lavorato a lungo, inserendo microcariche esplosive nei cercapersone e sviluppando la capacità di farle detonare simultaneamente tramite un singolo comando. Il governo libanese ha ufficialmente accusato Israele dell'attacco, considerandolo una grave violazione della sovranità nazionale. Hossein Khalil, consigliere di Nasrallah, ha avvertito che «Israele dovrà aspettarsi qualsiasi reazione dal Libano dopo questi crimini».
In Israele, l'ufficio del primo ministro ha subito smentito le affermazioni di un portavoce che su internet aveva suggerito il coinvolgimento di Gerusalemme. Pochi minuti dopo, il premier Benyamin Netanyahu e il ministro della Difesa Gallant si sono riuniti d'urgenza nella fossa della Kyria, il bunker del ministero della Difesa a Tel Aviv, per discutere con i vertici della sicurezza.
I media israeliani hanno descritto l'incontro come "drammatico", con la partecipazione dei capi delle agenzie di intelligence e riferimenti a insoliti movimenti delle milizie sciite. La discussione si è concentrata sulla risposta di Hezbollah alle esplosioni sincronizzate e sulle contromisure da parte delle forze armate israeliane. Nel frattempo, lo Shin Bet, l’agenzia di sicurezza interna, ha reso noto di aver sventato un attentato contro un ex funzionario di alto rango israeliano, pianificato dalle milizie di Nasrallah tramite un ordigno esplosivo controllato a distanza dal Libano. Il ritrovamento della bomba ha aumentato la tensione, e non si esclude che "il mistero delle esplosioni simultanee", come è stato definito in Libano, possa essere una vendetta tecnologicamente avanzata rispetto ai metodi tradizionali di Hezbollah.
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