GAMBOLO’. «Il prossimo obiettivo? Due medaglie d’oro, individuale e mixed team, alle Paralimpiadi di Los Angeles nel 2028». Daila Dameno, 55 anni, da Gambolò, vincitrice della medaglia di bronzo nella categoria W1 nel mixed team di tiro con l’arco insieme a Paolo Tonon alle Paralimpiadi di Parigi, ha già chiaro in mente dove vuole essere fra quattro anni, sul podio americano.
«Per arrivarci però, la prima cosa – aggiunge Daila – è cambiare l’arco, anzi due, perché è obbligatorio averne sempre due a disposizione». Dameno lancia un appello: «Cerco uno sponsor. La spesa si aggira attorno ai 5.000 euro. Devo affrontarla per avere un arco più performante. Sono troppo vecchia per entrare in un gruppo militare, in tanti mi aiutano ma sarebbe bellissimo avere uno sponsor che mi viene incontro. L’arco devo prenderlo presto, l’anno prossimo a febbraio saremo a Dubai e poi avremo il campionato del mondo in Corea e devo essere performante al massimo, pronta a sfruttare il nuovo arco. Non ho uno sponsor, mi hanno aiutato Obiettivo 3 di Zanardi ed Elio Imbres, ma ora devo salire di livello. Io vivo di pensione e qualche aiuto».
Daila a Parigi era alla quarta paralimpiade, la seconda estiva. Dopo aver riportato una paraplegia a seguito di un incidente stradale, ha imparato nel corso della carriera sportiva a trovare la forza e la motivazione in sè stessa, focalizzandosi sull’obiettivo e facendo un passo alla volta. Iniziò ad Atene nel 2004 nel nuoto, quattro anni dopo Torino ai giochi invernali, quindi quelle canadesi, poi mise in un armadio sci e bastoncini.
«Ho ricominciato due anni fa – spiega Daila – non potevo piu fare sport che avrebbero richiesto esplosività e velocità quindi con umiltà e riconoscendo i limiti miei e quelli del mio corpo la scelta è caduta sull’arco pensando fosse semplice, ma ricredendomi subito. A parte essere uno sport meraviglioso, è anche una danza tra te e l’arco, come una piuma che volteggiando segue il vento e al momento giusto scocca la freccia e la freccia vola come se fosse il prolungamento del tuo braccio fino ad arrivare dove tu volevi mandarla, la freccia perfetta. Parigi? Se non avessi avuto il mio bagaglio di esperienza non sarei riuscita ad arrivare in così poco tempo sul podio. Chiaro che ogni gara ha la sua emozione ed infatti ho sbagliato quella individuale perché alla prima freccia mi sono fatta trasportare dall’ansia e dall’emozione e ho perso. Il mixed team è una gara a parte. Eravamo entrambi alla prima paralimpiade, ho chiesto a Paolo di starmi attaccato e di aiutarmi, tanto che abbiamo realizzato in una volee 39, ad un punto dal massimo. Abbiamo vinto in zona Cesarini. E’ stata la più bella medaglia mai vinta. Mi particolarmente piaciuta perché dopo tanti anni mi sono rimessa in gioco».
Una dedica? «Dedico la medaglia a mamma Mary, alla mia famiglia, e a Paolo, un mio compagno di squadra. Ringrazio Elio Imbres e Piero Ritegni, i miei allenatori, la mia società Disabili Valcamonica, e chi ha messo a disposizione il proprio campo per potermi allenare come gli Arcieri Vigevano Torre del Bramante di Gambolò per l’outdoor e la palestra di Gambolò e quindi la Polisportiva. Grazie anche a tutte le persone che mi hanno sostenuta».
Maurizio Scorbati