Sei ore e mezza di discussioni per tornare al punto di partenza. La Serie B si è spaccata e prima ancora di un nuovo (o vecchio) presidente dovrà lavorare per cercare di tornare a un minimo di compattezza che serve per garantirne il funzionamento ed arrivare al 4 novembre - giorno dell'assemblea Figc per il nuovo statuto - con qualcosa da dire che la rappresenti. Unita nell'ora più importante quando ci saranno da discutere i nuovi pesi elettorali in vista della chiamata alle urne per la presidenza della Figc con le regole dettate dall'applicazione dell'emendamento Mulé.
Per ora la compattezza è lontana anni luce. L'assemblea per l'elezione del presidente della Lega Serie B è stata un confronto senza esclusione di colpi iniziato di prima mattina. Nove società, capofila la Sampdoria, hanno tentato il blitz per far saltare subito l'appuntamento, in disaccordo palese con modalità e tempistiche della chiamata al voto decisi dal numero uno Mauro Balata. Una (il Pisa) non si è nemmeno presentata, né a Milano né in collegamento da remoto. Le altre sono andate in ordine sparso e il risultato è stata una serie di votazioni senza costrutto.
Due i candidati oltre all'uscente Balata: Beppe Dossena, campione del mondo '82, e Vittorio Veltroni, manager di lungo corso. Il primo si è ritirato quasi subito per lasciare spazio al secondo ma lo scontro che ha certificato la spaccatura a metà della Lega si è consumato tutto sul nome di Balata. Servivano 14 volti su 19 nelle prime due tornate e ne sono arrivati 11 e 10. Ne sarebbero bastati 11 dalla terza in poi, ma il segnale dell'assemblea è stato chiarissimo: 10, 9 e 8.
Tra un voto e l'altro discussioni a non finire, club che se ne sono andati (Palermo e Bari) e una sensazione di litigiosità oltre il limite prevedibile. A meno di due mesi dalla resa dei conti per i nuovi pesi elettorali in Figc, con la Serie A che punta a fare il pieno ma a sua volta è compatta meno di quanto dica l'appoggio alle ultime delibere, non un biglietto da visita ideale.
L'immagine è profondamente diversa da quella raccontata a inizio autunno, quando l'intervento della maggioranza attraverso il decreto Mulé ha obbligato Gravina a rimandare le elezioni fissate per il 4 novembre. Per molti era il segnale della spallata possibile al numero uno del calcio italiano, nemico dichiarato di Serie A e Serie B compatte nel chiedere una governance diversa. La realtà dice che le due leghe sono divise al proprio interno. Gravina osserva e prende nota. Dopo l'approvazione del nuovo statuto scioglierà la riserva sulla sua ricandidatura. Che faccia un passo indietro non è oggi lo scenario più probabile.