TRIESTE Il colonnello Mauro Carrozzo, comandante dei Carabinieri di Trieste, dopo quasi tre anni di servizio nella nostra città è stato designato alla guida dell’Arma a Trapani. Al suo posto subentra il colonnello Gianluca Migliozzi, proveniente da Gioia Tauro.
Il colonnello Carrozzo era arrivato a Trieste proprio nei giorni della sparatoria tra kosovari in via Carducci. Era il 4 settembre 2021, tre anni fa esatti. Un episodio che aveva segnato l’inizio di un’escalation di violenze cui Trieste non era abituata: risse, rapine, pestaggi e accoltellamenti che hanno visto protagonisti soprattutto cittadini di origine straniera, spesso giovani. Fatti che stanno continuando a manifestarsi, anche in questi giorni. «Il problema, che non è causato solo dalle persone migranti, è più generalizzato – osserva il comandante – e riguarda le condizioni di disagio e marginalità sociale». Trieste, comunque, rimane una città «dove i livelli di sicurezza sono ben più alti rispetto ad altri contesti urbani».
Colonnello, lei era arrivato a Trieste proprio due giorni dopo la sparatoria di via Carducci, quella del 4 settembre 2021. Da quel momento in poi la criminalità qui è aumentata.
«Si sono verificati una serie di episodi per la maggior parte, ma non totalmente, legata al fenomeno della migrazione. Ciò ha dato una percezione di insicurezza. Ma i Carabinieri, con la Polizia di Stato, la Guardia di finanza e la Polizia locale, hanno sempre risposto con servizi importanti di controllo del territorio. Quasi tutti i fatti accaduti sono stati scoperti e le persone sono state quantomeno denunciate all’autorità giudiziaria, se non arrestate in caso di flagranza. Quindi è vero che sono avvenuti determinati fatti, ma è anche vero abbiamo sempre risposto in modo efficace. Così anche sul fronte investigativo, come ad esempio le indagini svolte assieme alla Polizia di Stato sulla banda dei Rolex o sui georgiani che rubavano negli appartamenti».
Perché così tanti fatti di cronaca legati alla presenza di migranti?
«Gli episodi sono legati perlopiù ai migranti, anche minorenni, ma non totalmente. C’è un problema di disagio, collegato alla marginalità e alla povertà, allargato all’intera società. Per quanto riguarda i minori, bisogna intervenire sulle opportunità di integrazione nella nostra società. Un diciassettenne che non ha niente da fare durante il giorno, tende a fare combriccola con i suoi connazionali ed è più esposto a situazioni pericolose, come risse, rapine e furti».
Alcune zone della città in determinati orari sono ritenute ormai pericolose, come ad esempio l’area di piazza Garibaldi o anche piazza Perugino.
«Ci sono zone più sensibili in termini di percezione della sicurezza, in cui garantiamo presenza e controlli. Ma se guardiamo alla cronaca nazionale, in molte altre realtà urbane questa percezione di insicurezza è ben maggiore. A Trieste la qualità della vita resta alta e la città sta vivendo una fasce di crescita».
Invece il rischio di un radicamento della criminalità organizzata, che era sì materializzato negli anni scorsi in Porto, si è ormai accantonato?
«Trieste e la regione non hanno forme di criminalità organizzata radicate. Forse ci sono stati esponenti della criminalità organizzata che hanno fatto investimenti su questo territorio, in termini di riciclaggio, dove però il reato è stato commesso perlopiù nel territorio di origine».