Stuprata da tre orchi, nella notte tra il 30 e il 31 agosto a Massafra, in provincia di Taranto, una giovane ventitreenne ha raccontato ai carabinieri l’odissea subita, i suoi pianti e l’incredibile anaffettività dei tre giovani, le loro parole agghiaccianti mentre compivano la violenza sessuale.
Una storia scioccante quella raccontata da una ragazza di 23 anni ai carabinieri di Massafra, come riportato da Il Giornale. Dopo aver trascorso la serata fuori, la giovane aveva accettato insieme a due amici il passaggio in auto di tre giovani uomini, senza minimamente immaginare che cosa sarebbe accaduto. I tre, infatti, avrebbero prima accompagnato i due compagni, e poi, rimasti soli con la vittima, avrebbero abusato sessualmente di lei.
La giovane ha inoltre riferito che, dopo lo stupro, i suoi aguzzini le avrebbero addirittura detto: “Perché piangi? Stavamo giocando”.
La 23enne sarebbe dunque stata minacciata e indotta al silenzio, quindi accompagnata a casa. Una volta al sicuro fra le mura domestiche, la vittima ha però chiesto aiuto al fratello, e con lui si è recata in ospedale. Dopo averla visitata, i medici hanno confermato la violenza sessuale e attivato il codice anti-violenza. Sono stati dunque informati i carabinieri, che hanno raccolto la denuncia della giovane e avviato le indagini.
L’attività investigativa ha portato all’individuazione di tre soggetti. Si tratta di un 23enne, un 27enne e un 34enne, tutti originari di Palagiano (Taranto). Sono stati fermati con l’accusa di violenza sessuale di gruppo, e condotti dietro le sbarre del carcere di Taranto, come disposto dal Pm, Antonio Natale. Nelle prossime ore il gruppo verrà interrogato. Gli inquirenti intendono ricostruire le esatte dinamiche della vicenda e risalire alle effettive responsabilità delle parti in causa.
I tre fermati, secondo l’articolo 609 bis del codice penale, rischiano una pena variabile tra gli otto e i quattordici anni di carcere. La violenza sessuale di gruppo prevede ulteriori aggravanti, al comma successivo, se la vittima è minorenne o in stato di gravidanza o se il reato è stato compiuto da parenti o da pubblici ufficiali.
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