Direttore Massimiliano Mirabelli, il mercato estivo del Padova si è chiuso con pochi ritocchi. Ci spiega questa sua scelta?
«Il mercato del Padova parte già dall’estate scorsa. Ci sono stati interventi importanti a gennaio, fatti per il futuro del Padova sapendo che noi a differenza di altri potevamo agire sul mercato solo cogliendo occasioni, non essendo come altre società che hanno la possibilità economica di prendere subito chi vogliono costi quel che costi. Abbiamo attuato una strategia diversa. Il portiere Fortin è arrivato dopo un percorso che gli abbiamo fatto fare; abbiamo preso Spagnoli bruciando la concorrenza di molte società di serie C, siamo stati tempestivi e convincenti. E alla fine è arrivato Broh: il mister era soddisfatto della rosa, ma si è presentata l’occasione di un centrocampista con caratteristiche diverse che può essere molto utile alla squadra. Ho dato una rosa importante all’allenatore Andreoletti, il piu giovane tra i prof, con idee di gioco brillanti».
Cosa l’ ha convinto di Andreoletti?
«Mi aveva già convinto alla Pro Sesto, sapevo i suoi trascorsi nei dilettanti. Ora mi convince la sua capacità di parlare alla squadra».
Il Padova la scorsa stagione ha finito il campionato davanti a Vicenza e Triestina, due corazzate economiche. Saranno anche quest’anno le principali favorite alla vittoria finale?
«Sulla carta lo erano lo scorso anno e lo sono anche quest’anno. Dobbiamo essere consapevoli che sono due grandi forze che hanno più budget di noi, più tifosi di noi e uno stadio migliore del nostro. Non sono vantaggi da poco. Noi oggi abbiamo un ambiente più depresso rispetto a loro, e questo non va bene perché siamo convinti di poter competere per il primo posto anche quest’anno. Capisco la delusione per la scorsa stagione, ma se mi parlate di fallimento quando si arriva secondi mi cadono le braccia. Mi piacerebbe vedere più entusiasmo e compattezza per questa stagione».
La curva ultras non sembra volerle bene: domenica ci sono stati molti cori contro di lei. Di che cosa l’accusano?
«Purtroppo non lo so. Prima di accusare un dirigente, bisognerebbe analizzare il suo operato. E io sono arrivato a Padova con una società che aveva scelto il ridimensionamento economico. Ho dovuto mettere equilibrio nei conti, e allo stesso tempo costruire una squadra competitiva contro avversari che avevano più opportunità».
Ha sbagliato qualcosa la scorsa stagione?
«Anche se avessi vinto il campionato, ammetterei di aver sbagliato qualcosa, non ho la presunzione di dire che tutto è andato per il meglio. Però ho fatto tutto il necessario per vincere, e ho avuto anche il coraggio di cambiare allenatore per rianimare una squadra spenta dopo sei punti in sei partite. L’ho dovuto fare per il bene del Padova».
Questo 2024 l’ha incoronata come il re delle plusvalenze della serie C, e sia il proprietario Oughourlian che il presidente Peghin considerano il suo lavoro ottimo. Lei si ritiene più uomo da dietro le quinte che da pubbliche relazioni?
«Dati alla mano, ad oggi in Europa nessuna squadra di terza serie ha fatto quasi 10 milioni di euro di plusvalenze, che è quello che abbiamo fatto qui a Padova. Amo il mio lavoro, mi dedico al Padova 24 ore al giorno, non mi piacciono molto le copertine, preferisco il lavoro sottotraccia, e per questo subire una contestazione della tifoseria in questa situazione mi addolora. Con orgoglio posso ricordare che sono stato l’unico dirigente ad avere due striscioni di sostegno, ed è successo con la Curva Sud del Milan, perchè i tifosi apprezzarono il mio lavoro in un momento difficile, togliendo il Milan dallo sciacallaggio dei procuratori. I tifosi sono una componente importante. Oggi non capisco che cosa ho fatto di male».
Ci sono società che le hanno chiesto di liberarsi del Padova?
«Certo, senza entrare nel merito più di qualcuno mi ha proposto di cambiare squadra. Ma io voglio sempre finire le cose. E il progetto Padova non è finito».
Che cosa manca?
«La serie B».
Mirabelli ha un sogno per i prossimi anni?
«Riconquistare la serie A».
Con il Padova?
«Perchè no, magari proprio con il Padova». —