Impennata per il prezzo del cappuccino. Dopo il caro-caffè ecco che arrivano altri dati allarmanti per i 5,5 milioni di italiani che ogni giorno fanno colazione al bar. In tre anni il cappuccino è aumentato del 14%, superando di molto i due euro a tazza in alcune città. Come per l’espresso il motivo principale dei rincari è l’aumento vertiginoso del costo della materia prima, spinta da siccità e produzione quindi limitata.
Oggi il costo medio di un cappuccino (dati Assoutenti) è di 1,59 euro. Nel 2021 era 1,39 euro. Tra le città più care in vetta c’è Bolzano (2,17 euro, ma diversi casi anche di 2,50 euro) e a seguire Palermo (1,87 euro) e Trieste (1,80 euro). L’incremento maggiore lo registrano Pescara (+28,1% in tre anni, da 1,28 euro a 1,64 euro), Napoli (+27,5%) e Bolzano (+24%). Il cappuccino più economico è a Catanzaro (1,28 euro e il massimo raggiungo è di 1,50 euro), a Roma (1,32 euro) e Firenze (1,41 euro). Prezzi che ricadono sulle tasche di oltre 5 milioni di italiani abituati a fare colazione al bar. Il 27% degli italiani lo sceglie al mattino. Il cappuccino è la bevanda al caffè più ricercata anche all’estero mentre si va al lavoro: 40% in Germania, 36% in Francia.
I listini del cappuccino crescono, così come quelli dell’espresso che naviga verso i 2 euro a tazzina e oggi con una media di 1,20 euro costa già il 15% in più rispetto al 2021. Perché? Volano le quotazioni delle materie prime. Il prezzo della qualità di caffè Robusta in un anno ha segnato +80% (attorno ai 4.820 dollari alla tonnellata), l’Arabica è più che raddoppiata: +66% in un anno (5.700 dollari alla tonnellata). Le quotazioni volano innanzitutto per il cambiamento climatico. La siccità in Vietnam e in Brasile (primi due produttori al mondo del chicco che poi finisce nelle nostre tazze e tazzine) ha portato ad una forte contrazione dell’offerta. A questo si unisce il rafforzamento del dollaro sull’euro che ha inciso sul costo del caffè per un +4%. Infine, c’è la crisi del Mar Rosso che, allungando i tempi del trasporto, ha portato anche ad un incremento dei costi della materia prima. Conseguenze? Una spesa raddoppiata nell’ultimo anno per i Paesi importatori di caffè.
La reazione è poi a catena. Maggiori costi per produttori, per la filiera del commercio e della trasformazione e per gli esercenti pubblici. Tutto arriva diretto sui consumatori. “Rincari che, di questo passo se si considera anche l’andamento del caffè, potrebbero modificare le abitudini degli italiani, considerato che ad oggi 5,5 milioni di italiani fanno ogni giorno colazione in uno dei tanti bar dislocati sul nostro territorio”, spiega il presidente di Assoutenti Gabriele Melluso.