L’inverno demografico, la crescita delle famiglie monocomponenti e l’allungamento della vita media fanno da sfondo a una società sempre più anziana che porta con sé il male più difficile da curare: la solitudine.
Colpisce, nel Bellunese, 14.671 anziani che vivono soli (o accuditi da una assistente familiare) sui 28.497 over 75 residenti, il 51,48% della popolazione. Le vedove sono 9.832.
Questa è la fotografia scattata dallo Spi Cgil veneto su dati Istat. A livello provinciale, le percentuali più alte di anziani soli vivono nelle cosiddette terre alte, ma anche nel basso Feltrino. Forte l’allarme che arriva dal sindacato: «Gli anziani rischiano l’isolamento soprattutto nel periodo estivo. È necessario investire sui progetti di invecchiamento attivo, perché di solitudine si può anche morire».
Nei 61 comuni del Bellunese, ben 45 hanno una popolazione anziana sola che supera il 50% degli over 75 complessivi.
La situazione peggiore si registra a Cibiana di Cadore, dove le percentuali di anziani soli sfiora il 70% (69,33%), seguita poi da San Tomaso Agordino con il 62,24% e Gosaldo con il 61,96%.
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Sono per ora esclusi da questa situazione critica, con una percentuale di anziani soli sotto il 50%, i comuni di Agordo, Belluno, Calalzo, Cencenighe, Chies d’Alpago, Cortina, Danta, La Valle Agordina, Ospitale, Ponte nelle Alpi, Rivamonte Agordino, Rocca Pietore, Santa Giustina, San Vito, Tambre, Vallda Agordina e Zoppè di Cadore.
L’inverno demografico, quindi, oltre a portare con sé culle vuote, danneggia anche gli anziani, soprattutto quelli vulnerabili (con la pensione bassa, la maggior parte sono donne), per i quali l’estate caldissima del climate change diventa una prova di sopravvivenza .
«Direi che gli anziani soli nella nostra provincia lo sono tutto l’anno, non solo durante l’estate», evidenzia Maria Rita Gentilin segretaria dello Spi Cgil, che ci tiene a precisare: «Molti degli anziani soli devono fare i conti con l’assenza della rete familiare. Spesso nella nostra provincia i giovani se ne vanno via a studiare e poi non tornano più».
In montagna, oltre al fatto che i costi sono maggiori rispetto alla pianura, le distanze da un paese all’altro sono ampie, anche all’interno di uno stesso Comune tra una frazione e l’altra c’è molta distanza, per cui collegare queste realtà tra loro all’interno dello stesso territorio diventa difficile.
Consideriamo poi che nel Bellunese i servizi sono difficili da garantire a cominciare dai medici di famiglia e dalle guardie mediche che operano sul territorio. Poi gli stessi ospedali per alcune zone sono distanti da raggiungere. Insomma, le difficoltà della vita in montagna non mancano, anzi sono molte e se uno diventa anziano, solo e deve sbarcare il lunario con pensioni tra le più basse del Veneto, si capisce come la vita diventi molto dura.
Gentilin evidenzia come si stia affacciando una situazione assolutamente nuova: il clima che cambia in poco tempo. «Se l’estate si viveva con sollievo per le giornate lunghe e calde, il nuovo clima aumenta la fatica e procura nuove patologie».
«Il mio auspicio», spiega la sindacalista, «è che chi è nel bisogno venga preso in carico dai servizi sociali. Serve un servizio di socialità non prestazionale, di colloquio e di consiglio, che possa aiutare l’anziano nelle piccole cose quotidiane, come fare la spesa nel negozio. Ma per questo servirebbe se esistessero ancora in maniera capillare i negozi di vicinato».
Per lo Spi sarebbe bello poter pensare di attivare anche progetti di domotica all’interno delle abitazioni in modo da far vivere con più sicurezza e meno ansie gli anziani. Insomma, basterebbe poco: «Finora non si è pensato a questo, ma credo che presto le amministrazioni comunali dovranno iniziare a farlo per l’aumento di anziani che ci sarà da qui ai prossimi anni».