Alcune istantanee dall’Inghilterra 2024, sempre più percorsa da contraddizione sociali. Una ragazza al massimo 25enne, la pelle color ambra, il velo che non nasconde la bocca vermiglia e gli occhi neri, ardenti, guida una Bentley Continental Cabrio (prezzo 375 mila sterline: un appartamento in Italia) e la lussuosa Brompton Road pare le appartenga. Mezzo miglio più avanti, mentre dal cielo di Londra cade una cipria d’acqua, in Cromwell Road due ragazzi bianchi in ciabatte cercano riparo sotto il portone dell’Albert Museum. Puzzano di miseria, alcol e «canne»... Ancora: all’aeroporto di Stansted una giovane britannica viene allontanata dal «gate»: la perquisiscono per ragioni di sicurezza, mentre una donna - un’informe massa di stoffa damascata senza volto - viene fatta imbarcare, quasi con deferenza, perché il marito con la testa fasciata nel turbante garantisce per la sua identità.
Sono i contrasti stridenti tra immigrazione «ricca» e vecchie classi popolari brit ridotte in povertà, che si vedono nel Regno Unito di oggi. Un «catalogo» di attriti nella società che arriva fino a Cambridge: sulla facciata del prestigioso Trinity College hanno appeso una medaglia al collo alla statua di Enrico VIII - il fondatore - perché Imogen Grant, un’ex allieva di antica famiglia britannica ha vinto l’oro olimpico nel canottaggio; 800 metri più avanti il prato del King’s College (l’iscrizione costa 20 mila sterline l’anno, il soggiorno tremila euro al mese) s’è trasformato in una tendopoli in cui s’inneggia alla Palestina libera e alla sparizione d’Israele. Nessuno interviene perché la protesta è sacra... Intanto, a Bristol, gli spacciatori pakistani e i «compratori» delle loro sostanze, sono accampati a Castle Park, ormai ghetto senza tetto né legge dove, dopo il tramonto, entrano in azione le sentinelle islamiche per «difendersi dai bianchi». Di solito alle cinque del pomeriggio in Inghilterra si offre il tè; da un mese ormai si serve il coprifuoco.
Nella patria delle libertà individuali, oggi per un tweet «non politicamente corretto» si finisce in galera. Il neo-premier laburista Keir Starmer ha arginato la protesta antimigranti con migliaia di arresti. È convinto che a innescarla siano state le fake news sull’origine islamica di Axel Rudakubana, 17 anni anglo-ruandese che a fine luglio ha ucciso a coltellate tre bambine. I giovani definiti neofascisti e razzisti hanno messo a ferro e fuoco Liverpool, Manchester, Middlesbrough; hanno incendiato moschee, assaltato negozi, caricato la polizia. Ne hanno arrestati tanti, ma il malessere non si è fermato perché va oltre il singolo episodio.
Anche in Germania il disagio cresce. Da mesi a Dresda e a Erfurt le nonne si sono organizzate: tengono scuola di democrazia. Raccontano ai nipoti cosa è stato il nazismo, un po’ meno cosa è stato il comunismo: eppure siamo nella ex-Germania dell’Est. Temono che l’Afd - il partito di estrema destra - stravinca le elezioni. Ma c’è anche un altro partito antisistema che affascina i giovani tedeschi: è l’Alleanza ragione e giustizia (Bsw) di Sahra Wagenknecht, estrema sinistra. L’ex deputata di Die Linke da un anno guida la sua formazione che ce l’ha con il Green deal, che chiede sussidi e redditi di cittadinanza, che se la prende con l’immigrazione incontrollata. Potrebbe governare in coalizione con l’Afd il primo Land tedesco, la Sassonia-Turingia, mentre il cancelliere Olaf Scholz ha meno del 20 per cento di gradimento dai suoi concittadini.
Anche in Francia il malcontento condiziona la politica. Il presidente Emmanuel Macron è stretto nella morsa dell’Nfp di Jean-Luc Mélenchon che ha ricevuto il voto degli islamici, dei francesi di seconda e terza generazione che infiammano le banlieue, e Jordan Bardella, il giovanissimo leader del Rassemblement National che rappresenta da destra il malcontento dei francesi. Gerald Darmanin, ministro dell’Interno ed ex delfino di Macron, lo contesta e cerca di farsi spazio rilanciando la sua durissima legge antimigranti. Spera di formare lui un governo portando a destra En Marche, la stessa formazione di Macron. Si corre ai ripari per evitare la valanga del malcontento nazionale. Non li hanno mica visti arrivare questi ragazzi bianchi, periferici e sfiduciati. Arrabbiati con la politica e in particolare con la sinistra, dalla quale si sentono traditi e abbandonati.
Nel Regno Unito i nuovi miserabili si sono scontrati con la polizia nei riots, ma non ne fanno una questione di «razza». Sostengono che l’immigrazione selvaggia li costringe a parlare «ingliano» o «inglaese», mescolando la lingua madre all’hindi o al bengali, a mettersi in coda per una casa, un lavoro, un letto d’ospedale. La rabbia di Londra è appunto la stessa di Dresda, di Parigi, perfino dell’America che guarda a Donald Trump. dalla recente convention democratica di Chicago è arrivata un’immagine significativa: accanto alla clinica-container dove si praticano aborti c’è un altro spazio per la comunità musulmana Lgbtq+. Kamala Harris ignora che l’Islam mette a morte i gay. Anche in Palestina, che la candidata dem ama disprezzando Israele. Perciò i «liberal da Ztl» non hanno visto arrivare i riots, neppure quelli che hanno assediato la convention democratica. Dappertutto, chiedono uno stop all’ingiustizia economica, vogliono che si smetta di occuparsi solo di diritti, cambiamento climatico e aborto, ma si pensi di più a far cessare le guerre e agli stipendi.
Ovunque la coperta corta dei soldi pubblici - non c’è più il pozzo del welfare - scatena conflitti tra i più indigenti. Le scelte sull’immigrazione del neo-premier laburista inglese non si discostano da quelle dei conservatori; ha solo abbandonato l’idea del suo predecessore Rishi Sunak di deportare i migranti irregolari in Ruanda. Starmer però riattiva la rete di detenzione degli irregolari voluta da Tony Blair e che è la più estesa d’Europa. La Gran Bretagna ha avuto dalla fine del Covid a oggi oltre 1,6 milioni di immigrati, ora non ha soldi per accogliere. Il tasso di assoluta povertà è al 18 per cento: l’incremento sarebbe stato tre volte di più, se il governo non avesse attivato aiuti. Ma il debito pubblico, arrivato al 100 per cento del Pil (2.500 miliardi di sterline) e il deficit, al 4,4 per cento del Pil, non consente margini.
La Francia, d’altra parte, ha un debito pubblico superiore al 100 per cento del Pil (3.200 miliardi di euro) e una spesa assistenziale di quasi 13 mila euro pro capite. Il primo risultato è che la legge Darmanin di fatto chiude le frontiere ai migranti. In Germania non regge più il sistema di welfare su cui Angela Merkel aveva costruito il proprio carisma. Olaf Scholz non riesce a chiudere il bilancio: non può fare deficit. Hubertus Heil, ministro del Lavoro, è su tutte le furie. Non vuole alzare l’età pensionabile (sarebbe a 67 anni, con amplissime eccezioni) e gli hanno messo a disposizione appena 19 milioni di euro in più. Adesso non garantisce neanche reddito di cittadinanza e aiuti ai profughi (ne hanno accolti altri 328 mila). A lui è già destinato il 37 per cento del bilancio: quasi 177 miliardi. Risultato? È passata una legge con nuovi limiti stringenti all’immigrazione: un mese di fermo prima di valutare l’ingresso e nel 90 per cento dei casi c’è l’espulsione.
Perfino i «ricchi» Stati Uniti hanno un serio problema di welfare: il deficit arrivato al 6,6 per cento del Pil è determinato dal gonfiarsi delle spese per i sussidi sociali - li ricevono 67 milioni di americani - e sanitari che assorbono il 14,6 per cento della spesa federale. La conseguenza? Joe Biden ha confermato il muro con il Messico e le restrizioni all’immigrazione decise da Donald Trump. Kamala Harris nel suo primo viaggio all’estero, tra Guatemala e Messico, era il 2021, mise in guardia: «Non venite da noi, continueremo a far rispettare le nostre leggi e i nostri confini, sarete rimandati indietro». I riots vorrebbero la stessa cosa. L’Europa per i migranti non sa neppure quanto spende. I dati certi sono: due fondi da sette e dieci miliardi di euro, sei miliardi elargiti alla Turchia e un altro miliardo investito in accordi con i Paesi di provenienza. Anche l’Unione europea però ha dovuto rendere più restrittive le leggi a fronte di oltre sei milioni di arrivi col nuovo patto sulla migrazione.