Standing ovation per Sigourney Weaver che sul palco della Mostra del Cinema di Venezia, ha ricevuto il Leone d’Oro alla carriera dalle mani di Pietrangelo Buttafuoco, presidente della Biennale, in una cornice di applausi. L’attrice, visibilmente toccata dall’affetto del pubblico, ha ritirato il premio con un sorriso radioso, cimentandosi anche con l’italiano: “Sono sopraffatta e grata”, ha detto la Weaver.
“I miei genitori non pensavano che avrei avuto successo, pensavano che lo showbusiness mi avrebbe mangiato viva…” ha rivelato l’attrice diventata un’icona del cinema grazie a pellicole e personaggi entrati nell’immaginario collettivo. “Quando hanno visto il mio successo, sono rimasti scioccati”. Un successo scolpito grazie a personaggi di donne forti, soprattutto in anni in cui certi ruoli ‘action’ erano destinati prevalentemente agli uomini. Anche se, sottolinea, “mi sorprende quando dicono che interpreto donne forti. Io interpreto semplicemente donne, sono loro a essere forti”. Nella scelta dei ruoli la 74enne attrice newyorchese, che la Mostra di Venezia ha deciso di premiare con il Leone d’Oro alla carriera, ha di certo anticipato i tempi. “Una figura emblematica degli anni ’80 – ha sottolineato il direttore Alberto Barbera – nel corso dei quali ha coniato l’immagine di un’eroina senza precedenti per il genere d’azione, capace di reggere vittoriosamente il confronto con i modelli maschili che fino a quel momento avevano dominato nel cinema epico e avventuroso”. Ma Weaver non è stata solo questo, perché “ha proseguito nella ricerca incessante di una propria identità costantemente rimessa in discussione”, “sfuggendo alle etichette che l’avrebbero voluta confinata all’icona vittoriosa del periodo reaganiano”.
Del resto la sua carriera parla chiaro: tra i tanti registi con cui ha lavorato, ci sono James Cameron, Paul Schrader, Peter Weir, Michael Apted, Roman Polanski, Ivan Reitman, Mike Nichols, Ang Lee. Ma nel suo ‘curriculum’ Weaver, che ha appena terminato le riprese di ‘Avatar 3’, vorrebbe più Italia: “Mi sono innamorata dei film anche grazie al cinema italiano, Fellini, Antonioni, De Sica”, ha raccontato in conferenza stampa al Lido, suggerendo, scherzando, che, insieme al Leone d’Oro, dovrebbe esserci una “piccola clausola che ti permetta di venire in Italia e lavorare con un regista italiano. Dovrebbe essere parte del pacchetto”. “Non ne ho ancora abbastanza di ciò che il cinema italiano significa e ci dà. Quindi datevi da fare, registi italiani: sono disponibile”. L’attrice ha poi raccontato che il primo film che hanno guardato insieme lei e sua figlia, che si è sposata di recente, è stato Divorzio all’italiana di Pietro Germi. “Una scelta curiosa”, ha commentato.
Inevitabile soffermarsi sul suo personaggio più celebre, quello Ellen Ripley nella saga di Alien. Quello che di lei ha apprezzato di più è che “era una persona, non una donna. Non doveva essere femminile per forza”. “Nella mia carriera – ha proseguito – sono stata molto fortunata a ricevere storie di cui volevo far parte. È un lavoro così emozionante, perché dovrei fermarmi? Ho sempre rispettato e amato questo lavoro. Poi all’improvviso hanno deciso che le donne più anziane potevano interpretare personaggi interessanti, persone vere. Perché il pubblico è fatto di persone vere”. Quanto alle sue fonti d’ispirazione, “i film degli ’30 e ’40 sono pieni di personaggi meravigliosi, affascinanti. Penso a Bette Davis. Ho lavorato con Ingrid Bergman, ho trascorso molti mesi con lei, è sempre stata gentile con me. Mi ha ispirato tantissimo, tutti i suoi lavori sono incredibili”.
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