Stanno preparando un esposto alla Corte dei conti oltre che un ricorso al Tar gli abitanti del borgo di Ca’Solaro, riuniti in un comitato che conta centinaia di persone il quale ha deciso di dare battaglia per impedire che sui terreni di uno degli ultimi angoli della terraferma ancora verde, vengano realizzati 18 ettari di agrivoltaico, che definiscono un intervento che ha come unico obiettivo quello di fare “business”. Ieri una cinquantina di residenti, si è ritrovata sotto il sole lungo la strada che taglia case campi e giardini.
All’angolo tra via Ca’Solaro e via Eridesio, una distesa di prato dove verrà realizzata la nuova cabina elettrica di trasformazione di medio-alta tensione contro la quale sono state raccolte, l’anno passato, centinaia di sottoscrizioni, e che ora gli abitanti ritengono legata a doppio filo al successivo progetto, quello approvato dalla Regione a luglio. Indicano il grande traliccio, che verrà duplicato. Subito a fianco i terreni della Querini Stampalia, sui quali sarà realizzato l’intervento della Lightsource Bp, la multinazionale che si occupa di transizione energetica.
«Qualcuno ha fatto circolare la voce che siano incolti» spiega Luca Pollazzon «ma non è così». I campi sono coltivati a soia, da una famiglia che da cinquant’anni vive mettendo a frutto gli ettari di terreno per conto terzi o affittandolo. Nei capanni i grandi mezzi agricoli con i quali viene lavorata la terra da decenni. Serviranno ancora? «Se i campi coltivati saranno sostituiti da distese di pannelli, sotto sarà molto difficile coltivare qualcosa» gli fa eco un altro componente del comitato «al massimo erbe medicinali». E il mezzadro dovrà trasformarsi in un manutentore di pannelli fotovoltaici, se vorrà continuare a lavorare. La sua è una posizione delicata, perché lui con la Querini lavora e di certo non vuole essere sostituito da qualcun altro. Al contrario. Ma è evidente che non è d’accordo con il progetto. Le famiglie che coltivano per la Querini, di solito hanno contatti con un agronomo.
«Quest’opera andrà a distruggere la nostra frazione» spiega il portavoce del comitato, Luca Pollazzon «prima con la cabina di trasformazione alta media tensione, poi perché saremo seppelliti letteralmente dai pannelli fotovoltaici. Vogliamo capire perché una fondazione che non deve fare lucro affitta o vende questi terreni. Noi non vogliamo venga occupato altro suolo. In Veneto ci sono 92 mila capannoni che possono ospitare pannelli, c’è una densità di copertura del suolo pari a 147 metri quadri a persona già utilizzati: i terreni che abbiamo in dote devono rimanere terreni che producono cibo, non energia elettrica». Infine: «Troppe cose non tornano, dall’approvazione del progetto della trasformazione di energia fino ai pannelli realizzati nei terreni contigui. E noi vogliamo vederci chiaro».