Mosca punta il dito ufficialmente contro Washington per l’attacco ucraino sul suolo russo di Kursk, affermando di avere le prove che mercenari americani partecipano all’offensiva e avvertendo che potrebbe bombardarli. E intanto ristruttura i comandi militari per potenziare le difese ai confini, con il ministro della Difesa Andrei Belousov che annuncia di assumersi le responsabilità per le decisioni più importanti.
Belousov ha detto di aver nominato come suo vice nel Consiglio per la sicurezza delle regioni di confine il generale e vice ministro della Difesa Yunus-Bek Yevkurov. Quest’ultimo ha già dato prova della sua efficienza come coordinatore delle forze russe in Africa, specie in Mali, Niger e Burkina Faso, territori abbandonati dalle forze francesi dopo i colpi di Stato che negli ultimi due anni hanno portato al potere governi più vicini a Mosca.
La Russia raggiungerà i suoi obiettivi contro gli ucraini che «commettono crimini nella regione di Kursk» così come ha raggiunto i suoi obiettivi nella lotta al terrorismo, e «su questo non ci possono essere dubbi», ha affermato il presidente Vladimir Putin incontrando a Beslan le madri dei bambini uccisi nell’attacco terroristico e la presa di ostaggi in una scuola di questa città del Caucaso Settentrionale nel 2004. Secondo fonti militari di Kiev citate dalla testata Rbc, il capo del Cremlino avrebbe dato ai suoi militari l’ordine tassativo di espellere le truppe ucraine entro il primo ottobre, ma non di ritirare a questo fine le forze dalle aree chiave del Donbass, nell’Ucraina orientale, dove i russi sono all’offensiva da mesi.
Proprio l’alleggerimento della pressione su questo fronte sarebbe stata tra gli obiettivi che Kiev intendeva raggiungere con l’attacco a Kursk, secondo osservatori ucraini. Ma questo non sembra essere avvenuto, dato il ritmo impresso dai comandi di Mosca all’avanzata, in particolare nella regione di Donetsk, dove la situazione per le forze ucraine è «difficile», ha ammesso il presidente Volodymyr Zelensky.
La pressione russa si fa sentire in particolare sulle cittadine di Pokrovsk e Toretsk, ha precisato Zelensky. E il ministero della Difesa di Mosca ha detto che nelle ultime ore i suoi soldati hanno conquistato la località di New York (chiamata dai russi Novgorodsksoe), che ha definito «uno dei più grandi insediamenti nell’agglomerato di Toretsk e importante polo logistico».
Per quanto riguarda le posizioni occidentali riguardo all’offensiva ucraina nel Kursk, l’Unione Europea ha ribadito, attraverso il portavoce della Commissione Peter Stano, che Kiev ha «il diritto di difendersi», e che l’offensiva «è solo il risultato e la conseguenza delle azioni illegali di Putin contro l’Ucraina». Quindi ha il diritto di attaccare il territorio russo. Più prudente la posizione degli Usa. Soltanto otto giorni dopo l’inizio dell’offensiva, scattata il 6 agosto, il presidente Joe Biden l’ha commentata per dire che essa «sta creando un vero dilemma» per Putin. Ma ora Mosca chiama in causa Washington denunciando «il coinvolgimento degli Stati Uniti come partecipanti diretti nel conflitto».
L’incaricata d’affari dell’ambasciata statunitense a Mosca, Stéphanie Holmes, è stata convocata al ministero degli Esteri per ricevere una nota di protesta riguardante non solo la presenza di reporter americani nella regione di Kursk, che hanno attraversato il confine dall’Ucraina senza autorizzazione, ma anche per quella che viene denunciata come la partecipazione all’offensiva di «corpi privati militari» statunitensi. La diplomazia russa ha quindi avvertito gli Usa che «tutti gli `specialisti´ e i mercenari stranieri che attraversano illegalmente il confine» russo «diventano automaticamente un legittimo bersaglio militare per le forze della Federazione Russa».
Sul fronte diplomatico, c’è da segnalare infine l’arrivo a Mosca del primo ministro cinese Li Qiang, che ha tra l’altro in programma un incontro con il presidente Putin.
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