Altra rogna sul campo largo, nuovo round nella interminabile guerra tra Grillo e Conte. Esplode la rissa a 5 Stelle: basta un post – condito di parole al vetriolo che rimandano a diktat e scelte per lui non condivisibili: quelle dell’eterno ami-nemico Giuseppe Conte – per aprire l’infuocata campagna d’agosto contro il segretario movimentista e il partito forgiato a sua misura, decisamente over per il garante e padre nobile. I due, ormai è storia nota, non si sono mai amati fino in fondo. Si sono tollerati. Hanno banchettato finendo discussioni rimasto aperte sul tavolo a tarallucci e vino. Optando di fatto per un tirare a campare che alla fine si sta rivelando letale per entrambi, il partito pentastellato e il sogno – che ha rivelato da subito aspetti da incubo – del campo largo.
Ma ora lo strappo sembra improcrastinabile: il buco c’è, e la lacerazione si vede eccome. Specie sul punto delle manovre contiane per cambiare il nome al partito e rivedere la regola dei due mandati: due toppe che scoperchiano una voragine che separa ormai drasticamente le posizioni dei due leader alle prese con una doppia ferita impossibile da rimarginare e che, proprio in queste ore, ha ripreso a sanguinare copiosamente. Con Grillo che, tastiera e manifesto della fondazione alla mano, rilancia Gianroberto Casaleggio e le origini, aprendo così di fatto la guerra intestina e le fronde carbonare che da sempre dilaniano la frastagliata galassia pentastellata.
E allora, ripartendo dai precetti (diktat?) di base: il simbolo, il nome e la regola del doppio mandato rappresentano tre «pilastri imprescindibili» e «non negoziabili» del Movimento 5 Stelle, mette nero su bianco Beppe Grillo, garante e «custode dei valori fondamentali dell’azione politica del MoVimento», in una lettera indirizzata agli attivisti, ai portavoce e ai sostenitori pentastellati e pubblicata sul suo blog. «Ci troviamo a un crocevia fondamentale nella nostra storia, in cui dobbiamo riflettere sulle nostre radici e su ciò che ci ha unito sin dall’inizio», scrive il cofondatore del M5S,.
Che poi, in particolare, a proposito del simbolo osserva: «Non è solo un segno grafico: è un richiamo al cambiamento. È l’emblema di un’intera rivoluzione culturale e politica. La bandiera sotto cui milioni di italiani hanno marciato con noi», tuona tra il trionfalistico e l’auto-esaltatorio il comico genovese in prestito alla politica. «Un partito politico – mette in guardia Grillo – non dovrebbe mai cedere alla tentazione di mutare il proprio simbolo: è la bussola che orienta il cammino verso il futuro, senza mai tradire il passato».
Un attacco al cuore del contismo post era Di Maio – e nella stagione post debàcle elettorali targate Giuseppi – quello sferrato dal padre nobile del M5S, che prova con il suo stop a frenare il leader grillino alle prese con uno spostamento a sinistra (e l’incursione nel gruppo The Left al Parlamento Ue è solo l’ultima plastica dimostrazione), abbandonando di fatto uno dei cardini del pensiero di Beppe: né a destra, né a sinistra. Niente accordi col Pd, né intese col centrodestra. Un monito sul futuro che Grillo ancora nel passato blindando innanzitutto il nome della sua creatura ormai più che a 5 stelle a molte teste. Troppe per il suo fondatore.
E allora: «Nella vita ci possono essere molte trasformazioni, ma il nome rimane un ancoraggio, un richiamo costante alla nostra essenza più vera. MoVimento 5 Stelle è il nome che ci ha guidato verso risultati concreti, difenderlo significa difendere la nostra storia e il nostro diritto di essere riconosciuti per ciò che siamo, ieri, oggi e domani», prova a chiamare a raccolta quel che rimane del suo soggetto politico dopo l’imprimatur Conte. Accentuando toni e argomenti, sentenziando poi a stretto giro sulla difesa della regola del doppio mandato.
«La politica, nella sua essenza più pura, non deve essere un mestiere, ma una nobile missione – incalza Grillo –. Trasformare l’impegno politico in una professione perpetua – rimarca quindi di lì a breve – significa tradire la fiducia dei cittadini e sprofondare nel pantano della mediocrità e dell’opportunismo». E ogni riferimento (interno) è puramente casuale. O forse no? Pertanto, ad attori e sostenitori del M5S, in vista della prossima assemblea costituente, Grillo chiede quindi «di riflettere profondamente, di ascoltare la vostra coscienza. In questo momento cruciale non possiamo permetterci di smarrire la nostra rotta. Custodiamo e proteggiamo ciò che abbiamo costruito insieme. Il MoVimento è e deve rimanere una forza di cambiamento autentico, e per farlo, dobbiamo rimanere fedeli ai nostri principi fondativi», conclude. Una sconfessione a chiare lettere – nonostante la metafora marina reiterata – alla politica movimentista di Conte e alle sue apertura al campo-larghiste.
Così, raccolto l’appello e riflettuto per un po’, il primo a intervenire sui social è l’immancabile Danilo Toninelli, membro del collegio dei probiviri 5 Stelle. Il quale, rilanciando il post con il quale Beppe Grillo ha blindato il simbolo pentastellato e la regola dei due mandati, plaude all’appello e alla intemerata grillina: «Parole sante di Beppe Grillo! Al M5S serve solo un ritorno al futuro, non un ritorno al passato, cioè una trasformazione anche formale in un partito come tutti gli altri. Il Movimento deve mantenere la sua identità e la sua diversità, senza snaturarsi. Chi ama o ha amato il M5S, legga con attenzione le parole del nostro garante». Ecco, forse è meglio: anche perché quella di Toninelli arriva (non richiesta) come una supercazzola difficile da decodificare…
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