Sono due concezioni agli antipodi. Da una parte la strategia di spalmare le ferie estive da giugno a settembre, in modo da non fermare mai la produzione; dall’altra il programma di concentrarle tutte in agosto, possibilmente agganciandoci una settimana di cassa integrazione, per stare chiusi il più possibile in modo continuativo.
In mezzo ci passano una pandemia, una crisi energetica internazionale e due guerre.
Insomma a spiegare perché le aziende del territorio per il 70-80% chiudono per tre settimane e, di queste, il 40% arriva addirittura a quattro settimane, ci vuole l’analisi economica e politica degli ultimi quattro anni.
«In quattro anni è cambiato il mondo – spiega Stefano Sancio, responsabile dell’area sindacale, lavoro e welfare di Confindustria Veneto Est – Prima del Covid le aziende padovane, e venete, stavano imparando a ridurre il più possibile il periodo di ferie ad agosto, provando addirittura a cambiare una cultura ben radicata nel nostro Paese. Questo perché, seguendo mercati non italiani, sia europei che non, che non hanno la nostra stessa tradizione di fermarsi per un lungo periodo ad agosto, la sosta prolungata intralciava il lavoro stesso. Poi è arrivato il Covid, sono arrivati i costi energetici alle stelle, la difficoltà di reperire le materie prime, i problemi di trasporto, e le imprese si sono riorganizzate concentrando di nuovo le ferie ad agosto per risparmiare sui costi».
E così buona parte delle 5 mila aziende che fanno capo al sistema Confindustria, e che danno lavoro ad oltre 270 mila persone, in particolare quelle del manifatturiero-metalmeccanico e del tessile, si prendono una lunga pausa estiva.
«Quest’anno in particolare – spiega Sancio – la ragione delle ferie concentrate è dovuta ad un generalizzato rallentamento dell’attività produttiva, che da qualche mese sta portando anche ad un significativo ricorso alla cassa integrazione, richiesta accelerata proprio nel mese di agosto. Tante realtà, spannometricamente il 70-80% fa le ferie consecutive, di queste un 40% ha attaccato alle due settimane di chiusura intorno a Ferragosto anche una settimana in capo o una in coda – o entrambe – di cassa integrazione, fino ad arrivare a calendarizzare quattro settimane di chiusura in agosto. Del resto il mese di settembre è un po’ scarico di ordini: si registra un generale raffreddamento e sempre meno aziende lavorano con il magazzino, ma si preferisce rispondere in tempo reale alle commesse. Così ad agosto si approfitta per rallentare, del resto ci sono anche le ragioni climatiche – le temperature impegnative – che lo suggeriscono».
A monte del rallentamento padovano c’è la crisi della Germania e della Francia. Mercati di riferimento per il nostro tessuto produttivo: la Germania per la metalmeccanica e la Francia per l’alta moda.
ù«Per noi sono due segmenti importantissimi – aggiunge Sancio – e quindi se c’è una contrazione, la subiamo subito: stiamo infatti facendo i conti con un rallentamento iniziato nel secondo semestre dell’anno scorso che sta continuando nel primo semestre di quest’anno».
A fronte di aziende del mondo industriale che si fermano dalle tre alle quattro settimane, ci sono imprese artigiane che a fatica riposeranno due settimane.
Ad esempio le realtà che montano le zanzariere o che fanno manutenzione di condizionatori.
«Dalle informazioni che ci arrivano dai nostri associati, quest’anno la chiusura estiva sarà prevalentemente di due settimane – riferisce Gianluca Dall’Aglio, presidente di Confartigianato Imprese Padova – Ricordo che il periodo di ferie è fondamentale per assicurare il riposo di tutti e garantire così una maggiore sicurezza sul lavoro al nostro rientro. Negli anni scorsi le imprese avevano dovuto prolungare il periodo di chiusura a causa della pandemia e degli elevati costi dell’energia, ma già dall’anno scorso la situazione sembra tornata alla normalità. Il rientro rappresenta però un’incognita. In questi giorni, tante nostre imprese stanno chiudendo le commesse che hanno ricevuto, ma andranno in ferie con molte incertezze rispetto alla situazione che si troveranno di fronte alla riapertura. Il ritardo della ripresa del commercio internazionale, i rischi geopolitici che derivano dal prolungamento dei conflitti in Ucraina e Medio Oriente, il costo del denaro stanno avendo ripercussioni alle quali dovremo far fronte».