Il sogno di Novak Djokovic è diventato realtà. Il campione nativo di Belgrado ha centrato l’obiettivo che mancava: l’oro olimpico. A 37 anni, in una Finale a Cinque Cerchi durissima, su campo Philippe Chatrier di Parigi, l’asso serbo ha piegato Carlos Alcaraz (n.3 del mondo) con il punteggio di 7-6 (3) 7-6 (2), diventando il secondo tennista (uomo) nell’Era Open a vincere tutti e quattro i tornei dello Slam, le ATP Finals e per l’appunto il metallo più pregiato ai Giochi. Solo Andre Agassi, prima di lui, era stato in grado di fare ciò.
Una partita stupenda, che ha sfiorato le tre ore di gioco, in cui si è vista la grandissima determinazione di Nole di gettare il cuore oltre l’ostacolo, al cospetto di un avversario di 16 anni più giovane e lanciatissimo, dopo i successi in serie nel Roland Garros e a Wimbledon, battendo proprio Djokovic sull’erba dei Championships nell’atto conclusivo. Uno spot per il tennis e una pagina di storia. E così il podio a Cinque Cerchi nel tabellone di singolare maschile è stato definito: Novak Djokovic oro, Carlos Alcaraz argento e Lorenzo Musetti bronzo.
Nel primo set si comprende immediatamente quanto la partita sarà equilibrata: da un lato la lucidità tattica e le motivazioni del serbo; dall’altra la freschezza fisica e la creatività dello spagnolo. Ne vengono fuori scambi lottati a ogni quindici, con Alcaraz costretto a salvare una palla break nel secondo game e ben tre nel quarto. Allo stesso modo, Nole è obbligato a tirar fuori il coniglio dal cilindro, salvando tre palle break nel gioco successivo e soprattutto quattro nel nono. Un gioco interminabile, in cui il 24-volte vincitore Slam fa appello a tutta la sua classe. Nel dodicesimo game Carlitos rischia grosso con qualche gratuito, offrendo un set-point all’avversario, ma c’è il tie-break. La gestione del balcanico è perfetta. La prima di servizio viene in soccorso quando occorre e Novak disegna il campo in maniera straordinaria, neanche le coperture strepitose di Alcaraz funzionano. Conclusione 7-3.
Nel secondo set Nole cerca di sfruttare il momento e la palla break si presenta nel terzo game, ma Carlitos c’è e nel pressure point trova un vincente pazzesco. Il livello della partita decolla: giocate strepitose da una parte e dall’altra e pochissimi errori. Djokovic inizia a far fatica e sa che in questa frazione deve dare “la vita” e la sua lettura della partita è strepitosa. Alcaraz non è da meno, venendo fuori da una “buca” nel nono game, dopo essersi fatto rimontare avanti 40-0. L’epilogo è ancora una volta al tie-break e il 37enne sembra ringiovanire su due dritti in cross da fuori dal campo che non danno scampo all’iberico. Sono i titoli di coda della sfida sul 7-2 e le lacrime di gioia rigano il volto dell’eterno campione.
Dando uno sguardo alle statistiche, colpisce la straordinaria percentuale di prime di servizio in campo di Djokovic (74%) rispetto ad Alcaraz (66%)e soprattutto il fatto che in questa partita entrambi non abbiano concesso neanche un break all’avversario. Un parametro che certifica la qualità del match a cui si è assistito.