Incrocia la lama con il collega veneto Zaia sulla normativa regionale proposta dal governo. La sua Sardegna ha sì uno Statuto speciale, ma non basta. C’è una «specificità»... Intanto, rincula sulle battaglie dei 5 Stelle e i problemi sull’isola si moltiplicano.
«È un attentato alla specialità della Sardegna!». Alessandra Todde, governatrice protogrillina, ha trovato nuovo slancio aizzando il popolo contro l’autonomia differenziata. «Una norma che spaccherà l’Italia e indebolisce il Sud». Annuncia ricorso alla consulta. Svillaneggia i colleghi nordisti. Offre una preziosa sponda al leader in ambasce, Giuseppe Conte. È la vessillifera degli scontenti. Ovvio. A parte la congenita propaganda anti governativa, che fine farebbe la «specialità» isolana? Il collega Luca Zaia, pazientemente, analizza: «Ha una posizione molto ideologica. Del resto, rappresenta un partito che avversa la riforma. Ma ricordo che in Veneto ogni cittadino lascia al fisco circa 4 mila euro l’anno: più di 600 milioni vanno alla Sardegna».
Insomma, da aspirante rivoluzionaria a scafata neoborbonica. Le Regioni a statuto speciale godono già di autonomia differenziata. Ultimissimo esempio: la Corte costituzionale, una settimana fa, autorizza la Sardegna «a incrementare la spesa per prestazioni sanitarie oltre i limiti nazionali». Ma le storiche concessioni possono favorire anche sprechi, dilettantismo, inerzia. Perché mai concedere ad altri l’inarrivabile beneficio? Sei mesi dopo la sua eroica elezione, Todde resta sugli scudi. Ha sfidato l’impero del Dragone sulle rinnovabili, reo di voler costruire un impianto fotovoltaico nella Nurra: «Difenderò le prerogative dei sardi. Non ho paura della Cina». Così, una legge regionale blocca per i prossimi 18 mesi nuove istallazioni. Adesso la regina dei Nuraghi muove più modestamente guerra ai leghisti, che agognano simili poteri. «Porta avanti una squallida battaglia. Sono curioso di vedere come giustificherà la scelta ai suoi elettori, visto che gode di un’autonomia speciale» controbatte Attilio Fontana, presidente lombardo. «È molto più di quella che noi andiamo a chiedere, ma che lei invece ritiene incompatibile».
Todde, d’altronde, è la perfetta esegeta del Movimento. Una magistrale sintesi tra capziosità, improvvisazione e trasformismo. Perfino tra alcuni alleati, prevale lo scoramento. La Base, guidata dall’ex deputato Roberto Capelli, arriva a chiedere umilmente scusa agli elettori per l’abbaglio: «Ha deluso e tradito tutte le aspettative, superando il mercato degli incarichi e delle consulenze clientelari delle passate legislature». S’accodano i Progressisti, guidati dal sindaco di Cagliari, Massimo Zedda. Svelenano sull’assessore alla Sanità, Armando Bartolazzi, scelto tra i riservisti di Giuseppi, di cui è stato sottosegretario alla Salute. Si è paragonato a Gigi Riva, mutuando per sé il soprannome del bomber cagliaritano: «Rombo di tuono». Ma il suo talento non è compreso neppure dalla maggioranza. Gli imputano un’irritante melina. Per le sue ubbie ecologiste, invece, Todde viene attaccata da Legambiente e Verdi. Niente sole e vento. I colonialisti si mettano l’anima in pace. Anche se la legge che favorisce il fotovoltaico fu varata dal governo Draghi, mentre Todde era viceministro dello Sviluppo economico. «C’è una richiesta di autorizzazioni superiore di oltre dieci volte il tetto stabilito» s’accalora. «E l’energia non viene sfruttata dai sardi». Ogni chilowatt resti nell’isola, quindi. In virtù della solita «specialità».
Il suo partito, però, continua a diramare speranzosi dispacci: «No a questo governo fossile, vogliamo un futuro rinnovabile!». Ma non in Sardegna, ovvio. Dove intanto urge affrontare, con opposta inerzia e simili contraddizioni, un’epocale emergenza idrica. Dalla Gallura all’Ogliastra, traboccanti di incolpevoli vacanzieri, il paesaggio è desertico. Acqua razionata in casa e divieto di uso non domestico. Centinaia di agricoltori e allevatori manifestano davanti alla Regione: «Gli animali rischiano di morire perché manca l’acqua» avverte Coldiretti. «Servono risposte immediate della politica». Come no? L’allarme siccità viene lanciato lo scorso maggio. Già allora gli invasi sono mezzi vuoti. La governatrice parolaia annuncia quindi: «tavolo permanente sull’emergenza idrica e misure immediate per scongiurare un’estate a secco». Tre mesi dopo, nulla è cambiato. Uno dei comuni più colpiti è Budoni, in Gallura. La scorsa primavera Comune e Regione trovano dunque la soluzione: l’affitto di un dissalatore, da piazzare nell’affollato borgo di Porto Ottiolu. Peccato che, dopo mesi passati a cincischiare, l’impianto dovrebbe entrare in funzione solo a metà agosto. Quando i vacanzieri cominceranno a preparare le valigie. Intanto, Todde chiede lo stato di calamità in Ogliastra. A cui concede, bontà sua, il «pieno supporto della giunta».
Abbanoa, il gestore idrico sardo, è la partecipata pubblica che simboleggia lo sfascio. Todde, in piena campagna elettorale, è già scandalizzatissima: «Sono a Nuoro e manca improvvisamente l’acqua. Nessun preavviso, nessuna avvisaglia. I sardi hanno diritto ad un servizio efficiente. È chiedere troppo?». Così, la futura governatrice preannuncia l’ennesima rivoluzione: «La gestione fallimentare costringe i cittadini a ogni genere di disagio. L’acqua pubblica è un pilastro del nostro programma e va difesa dai tentativi di privatizzazione, ma la gestione non può essere medioevale». Ma anche dagli aeroporti, informa a quei tempi, bisogna tenere lontani i privati, interessati solo al vile profitto. Ora la governatrice annuncia l’esatto opposto, nonostante la contrarietà della corte dei conti: la Regione parteciperà alla holding che ha rilevato l’aeroporto di Cagliari.
Largo perfino ai diabolici fondi internazionali, dunque. Proprio mentre l’ondivaga presidente attacca sull’eolico: «Non diventeremo una colonia delle multinazionali!». C’è un settore, però, in cui la nuova giunta non mostra tentennamenti: la sempiterna restaurazione dell’ultra casta. Durante la scorsa legislatura, il Movimento azzanna il precedente governatore, Christian Solinas, per la nominite acuta? Todde, già in campagna elettorale, assicura: «Troppi incarichi. La legge è da revisionare». Come da tartufesca tradizione della casa, una volta eletta, si affretta invece a sistemare i devotissimi con stipendi favolosi. Solo i consulenti dello staff presidenziale costano oltre un milione all’anno. Segue nuovo contributo ai gruppi consiliari: una spesa di circa 1,5 milioni a legislatura, denuncia Il Fatto Quotidiano, indispensabile bussola del Movimento.
L’ultimo atto, in attesa delle meritatissime ferie estive, è la rinascita delle provincie. «Poltronificio Todde» sintetizza, ribaltando le vecchie accuse, l’opposizione. Che calcola: nel 2024 serviranno 2 milioni di euro per nuovi commissari e amministratori straordinari. Il costo dovrebbe salire a 5 milioni nel 2025. Le sei province, assieme alle città metropolitane Cagliari e Sassari, ridaranno però «gambe alla democrazia per non avere più scuole cadenti e strade pericolose», esulta il Pd. Certo, alla regina borbonica fischieranno le orecchie. L’abolizione delle provincie era un cavallo di battaglia del Movimento. Grillo non faceva prigionieri: «Le province devono essere soppresse». La teoria del fondatore sembrava inscalfibile: «Sono utili solo a piazzare politici, parenti e amici ammanicati, nonché a provvedere alle loro nomine in aziende partecipate e controllate».
Nella prima regione della storia a trazione pentastellata torna invece a rifiorire l’Ogliastra, con ben due capoluoghi designati: Tortolì, 10.957 abitanti, e Lanusei, 4.998 anime, il meno abitato d’Italia. Esulta anche il Medio Campidano assieme alle sue due capitaline: Sanluri, 8.091 residenti, e Villacidro, che brulica di 13.060 cittadini. È vero: il governo aveva già bocciato i nuovi enti locali sardi. Ma Todde, si sa, rivendica la «specialità» che esecra in continente. Eppure, Movimento in testa, le province non le voleva più nessuno. Checco Zalone c’ha perfino dedicato un film di strepitoso successo: Quo vado? Interpreta l’inossidabile preposto all’ufficio Caccia e pesca, simbolo del fannullonismo destinato a rinascere. Il senatore pugliese Nicola Binetto, alias Lino Banfi, ras di posti fissi, gli domanda: «A te dove ti ho messo a non fare un chezzo?». E Checco: «Alla provincia!». «Ahhh, sudore, sudore...» ironizza Binetto. Todde, invece, fa sul serio. Dopo aver mosso guerra a Xi Jinping, mefistofelico presidente cinese, l’imperatrice grillina affronta Luca Zaia, ecumenico doge veneto. Niente autonomia differenziata. Basta privilegi alle regioni ricche. E nessuno tocchi il Regno di Sardegna. Baciato da sole, vento e statuto speciale.
