Ivrea. Subito numeroso il gruppo che venerdì 26 si è radunato fuori dal cancello per partecipare al primo tour guidato del castello dalle rosse torri, recentemente riaperto al pubblico dopo 8 anni. Fino al 27 ottobre, previa prenotazione sul sito www.kalata.it o al numero WhatsApp +39 0174 330976, tutti potranno varcare il portone del trecentesco edificio e lasciarsi rapire dalle sensazioni che questo simbolo della città, testimone di oltre 600 anni della sua storia, saprà evocare.
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Ma quali sono stati i commenti a caldo subito dopo aver calpestato la corte interna ed esser saliti sui camminamenti di ronda? «Nonostante sia cresciuta a Strambino ed abbia studiato a Ivrea ignoravo molte particolarità di questo castello che questa visita mi ha svelato. Decisamente esaustive le spiegazioni che la guida ci ha fornito riguardanti aspetti e particolarità che da soli non avremmo colto né compreso - ha osservato Francesca Sacchi -. Avendolo sempre visto e vissuto da fuori oggi mi sono accostata con un approccio razionale per conoscerlo; penso che ritornerò per lasciarmi catturare dalle emozioni che queste mura sapranno infondermi». A Piero Valter Di Bari le rosse torri hanno evocato un ricordo dell’infanzia. «Quando ero bambino era un carcere attraverso le cui finestre vedevo i reclusi ed ora lo riscopro in tutt’altra veste - ha affermato -. Penso che le nozioni storiche che la guida ci ha dato durante il tour siano fondamentali perché sconosciute ai più ed ora che è stato riaperto mi auguro venga utilizzato per manifestazioni rendendolo sempre più vivo». Emerge quindi un lato emotivo. «Nei mesi scorsi ho accompagnato persone provenienti da fuori città a vederlo e sono rimaste impressionate dalla sua imponenza - ha confessato Di Bari - Da sempre ammiro questo edificio che domina la città e ne definisce l’orizzonte. Peccato per la prossimità con l’ospedale che spero vivamente, prima o poi, sparisca per donarci nuovamente la vista di cui godevano gli eporediesi fino agli anni ’50 del secolo scorso».
Entusiasta Claudia Boni, sessantenne nata e cresciuta ad Ivrea. «Non avevo mai varcato la soglia ed attendevo da tempo questo giorno. Bellissimo! - ha esclamato - Ho apprezzato molto i lavori fatti al suo interno soprattutto perché si armonizzano perfettamente con uno stile architettonico che risale alla metà del 1300. Giusto il numero dei componenti del gruppo ed eccellente la guida che ci ha trasferito preziose nozioni facendoci scoprire la presenza degli stemmi dei Savoia, apprendere la reale altezza delle torri, visitare quelle che furono le prigioni ed infine mostrandoci il panorama, decisamente mozzafiato, che si gode dal camminamento di ronda. Avendo sempre visto e fotografato il castello dal basso oggi ho goduto di angolazioni nuove e diverse. Farò girare le foto scattate esortando tutti a venire a visitarlo».
Differente la prospettiva di Rosalia Maggiolo, genovese di nascita ma da 35 anni trasferitasi ad Ivrea. «È un edifico grandioso soprattutto per come domina la città e dall’alto delle mura il panorama è suggestivo, ma si nota troppo il fatto che fino a 50 anni fa sia stato utilizzato come carcere - ha rilevato. - Non si vedono testimonianze che possano ricondurre all’esistenza di una residenza sabauda eccetto sparute decorazioni alle finestre. Come capacità di evocare le vestigia di un passato nobiliare mi ha molto più impressionato il castello di Montalto Dora che conserva ancora chiari segni del suo splendore passato». —