A chi considera ‘deriva morale inaccettabile’ quel che porta con sé la forte colorazione arcobaleno dello spettacolo popolare mondiale, ci sta che sia andato proprio di traverso il più grande spettacolo queer prima del weekend, andato in scena lungo la Senna a Parigi.
Come ha scritto il commentatore politico di Libération Thomas Legrand, in effetti questa cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Parigi ‘chiassosa, provocatoria, inebriante, colta, gioiosa e popolare, ha dato l’impressione di conciliare, senza sottolinearlo troppo esplicitamente, due visioni del mondo che negli ultimi anni si sono scontrate: l’universalismo e il wokismo’.
Ma è stata anche una tale esibizione di potenza, sul piano dello spettacolo vero e proprio, da rendere ridicole tutte le polemiche del dopo. Più ancora delle prese di posizione degli esponenti della destra reazionaria e della chiesa cattolica, si sono subito distinti per la ristrettezza della visione i commentatori televisivi e sportivi in genere, a partire dai telecronisti della Rai per finire ai soloni dei giornaloni.
Criticare una tale meravigliosa costruzione kolossal soltanto perché non ha messo a sufficienza in luce i volti dello sport è davvero un controsenso. L’evento inaugurale olimpico in mondovisione, nel 2024, non deve essere per forza una sorta di album delle figurine degli sportivi, è appunto uno spettacolo e come tale va visto e giudicato.
Al di là delle stupende e insolite cartoline da Parigi, non c’è dubbio che la cerimonia ha fatto ballare il mondo, con un impiego straordinario di danseurs professionisti impegnati nel più ampio spettro di movimenti della danza contemporanea, sotto la direzione dell’eclettica coreografa Maud Le Pladec, che dal 2015 dirigerà lo storico CCN-Ballet de Lorraine, uno dei centri francesi d’eccellenza.
Il clou del lavoro è stato senza dubbio l’innesco esplosivo all’ottavo quadro, intitolato ‘Festivité’, per cui Le Pladec ha attinto a piene mani nella comunità Lgbtqia+, riunendo generi e figure quanto mai variopinti – spiegano gli esperti di sceneweb.fr: le drag queen Piche, Nicky Doll, Paloma, il ballerino Germain Louvet, Princess Madoki (waacking), Adeline & JR maddria (krump), Anne Minetti & PascalAllio, Fauve Hautrot & Romain Guillermis (danza da sala ed elettro), GG Palmer (voguing), Bboy Haiper (breaking), Loïs e Antorin de la Boumée de Paris (danza popolare di Alvernia). Le ballerine hanno marciato su Passerelle Debilly e su una chiatta sotto, lungo la Senna, al ritmo della dj Barbara Butch, icona Lgbt che ha mixato diversi titoli iconici della varietà francese.
L’intera costruzione coreografica di Maud Le Pladec, al di là delle scene cosiddette queer di cui peraltro la danza è intrisa da sempre, ha mescolato al meglio l’alto e il basso, come si diceva una volta, il pop e il cult, la migliore eredità dei grandi coreografi teatrali e i riferimenti alla contemporaneità in senso esteso, per esempio all’iconografia dei videogiochi, oltre che agli stili più inconsueti del ballo di strada.
Hanno avuto un curioso assaggio di questa stessa nuova frontiera della danza, quasi in contemporanea, i fortunati spettatori che si erano dati appuntamento per lo spettacolo conclusivo di Tanz Bozen/Bolzano Danza, ‘Age of Content’ del collettivo (La)Horde per Ballet national de Marseille: un piccolo capolavoro di energia ed entusiasmo che si apre appunto con due quadri dove gli stili di strada incontrano e si confondono con gli stilemi dei movimenti da videogioco, per chiudersi sulle musiche raffinate e minimaliste di Philip Glass con uno scatenato omaggio alla ‘postmodern dance’ di Lucinda Childs.
Arrivata alla quarantesima edizione, questa manifestazione, tra le più importanti del settore, insieme con altri eventi musicali e teatrali di tutto rispetto (dal concorso pianistico Busoni al festival Transart), trasforma Bolzano d’estate in una capitale culturale europea. Prova ne sia anche solo che, proprio alla vigilia delle Olimpiadi, TanzBozen ha dato l’opportunità agli appassionati di vedere uno degli ultimi lavori della stessa coreografa della cerimonia inaugurale, Maud Le Pladec, il coloratissimo e incantevole ‘Static Shot’.
Che poi la sua CCN-Ballet de Lorraine sia stata per anni compagnia associata all’evento di Bolzano – e che lo siano da poco anche (La)Horde per Ballet national de Marseille – e che alla direzione della rassegna la Fondazione Haydn, che l’organizza, abbia voluto chiamare – dopo l’eccellente quindicennio del manager di casa Emanuele Masi – un coreografo francese di primo piano come Olivier Dubois…
Ecco, anche questi sono tutti segni della vitalità francese sulla scena del balletto, che tutti gli spettatori del mondo hanno appena avuto modo di conoscere.
Ps: Che questo succeda proprio nella provincia autonoma e autonomista più austriacante d’Italia, dove è ancora radicato il culto dell’icona catto-reazionaria e antinapoleonica di Andreas Hofer, è ancor più singolare, anche se meriterebbe un discorso a parte.
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