In queste settimane un giornalista de Ilfattoquotidiano.it si trova a bordo della nave Life Support di Emergency impegnata nella sua 22esima missione nel mediterraneo centrale. Da quando ha iniziato la sua attività nel dicembre 2022, la nave umanitaria di Emergency ha recuperato 1856 persone. Con una serie di video e articoli documenteremo le fasi di preparazione e le operazioni in mare.
“Noi salviamo le persone in mare, ma poi rimangono intrappolate da leggi europee e italiane assurde”. Sauro Forni è il coordinatore dell’area medica della Life Support. Ha cominciato a lavorare come infermiere nel 1990 in sala operatoria in ospedale. Ma nel 2011 si è licenziato e ha iniziato a girare il mondo nelle missioni di Emergency. “Ho vissuto cinque anni in Sudan – racconta mentre coordina le esercitazione dell’area medica a bordo della nave in attesa della partenza verso le acque internazionali – lì ho visto con i miei occhi perché le persone vogliono scappare da quei paesi per cercare di avere una vita migliore in Europa”.
Giovani, sì, ma anche anziani. “L’anno scorso salvammo in mare una signora siriana di quasi 80 anni – ricorda – mi ha sorpreso vedere una persona di quell’età ma allo stesso tempo mi ha fatto capire che la disperazione ti spinge a intraprendere quel tipo di viaggio”. Un viaggio che è diventato sempre più lungo e difficile anche a causa della pratica di assegnazione di porti di sbarco lontani. “Ogni giorno di navigazione in più rappresenta un rischio clinico per queste persone – aggiunge – tutto questo si potrebbe evitare se i porti che ci vengono assegnati fossero porti raggiungibili in 24 o 48 ore”.
Ma questo accade di rado. E così nella piccola clinica nella pancia della nave Sauro insieme a Mariano, un dottore argentino, e Martina, un’altra infermiera provano a gestire i casi. La maggior parte delle volte si tratta di ustioni dovute alla miscela di acqua di amare e benzina. “Ma spesso vediamo segni riconducibili anche a torture”. E poi ci sono bambini, anche molto piccoli. “Nei loro occhi leggi il terrore di quello he hanno vissuto fino a quel momento, ma la cosa bella è che il giorno dopo corrono giocano tra di loro. Sono i primi che riprendono una vita normale”.
Ma dopo lo sbarco in Italia per tanti di loro il viaggio verso una vita migliore non è ancora finito. “Noi con Emergency li vediamo nei loro paesi d’origine, li vediamo in mare ma poi anche nei nostri ambulatori in Italia dove spesso il percorso migratorio fallisce anche a causa di leggi italiane ed europee assurde. Siamo fermi a leggi su immigrazione vecchie e inadeguate e gli accordi stessi di Dublino non semplificano”.
L'articolo L’infermiere che coordina la clinica sulla nave di Emergency: “Porti lontani per lo sbarco? Un rischio per i migranti non in salute” proviene da Il Fatto Quotidiano.