Bocciata dalla Cassazione l’istanza di revisione del processo nei confronti di Marco Antonio Polino, 49 anni, già condannato per la maxitruffa del fotovoltaico a 11 anni e 4 mesi in appello, poi ridotti nel terzo grado di giudizio a 10 anni e 7 mesi.
La Suprema corte ha dichiarato inammissibile il ricorso per manifesta infondatezza.
Polino si era rivolto alla Corte d’appello di Bologna, chiedendo la revisione della sentenza della Corte d’appello di Trieste pronunciata il 12 settembre 2017 e diventata irrevocabile il 3 giugno 2020.
In parziale riforma del verdetto di primo grado, il tribunale aveva ritenuto riconducibile la distrazione fallimentare anche con riguardo ai proventi di altri due capi d’accusa e ha confermato il ruolo apicale ricoperto da Polino in un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di truffe.
La difesa ha fondato l’istanza di revisione sul presunto contrasto fra questo giudicato e l’assoluzione, perché il fatto non sussiste, pronunciata dal tribunale di Pordenone il 10 maggio 2018 per non aver presentato le dichiarazioni annuali relative alle imposte 2010 e 2011 relative ai proventi illeciti incassati in esito alla consumazione dei reati per i quali è stato invece condannato.
La Cassazione ha obiettato che non c’è contraddizione fra sentenze diverse se i fatti posti alla base delle due decisioni siano stati ricostruiti in modo oggettivo e se il diverso epilogo giudiziale sia il prodotto di valutazioni difformi di quei fatti, specie se dipese dalla diversità del rito prescelto nei separati giudizi.