E’ una bara lunga e larga quella che contiene il grande corpo di William Faè, morto improvvisamente mercoledì mattina sulla sedia davanti alla scrivania dell’ufficio tecnico del municipio di San Tomaso, dove lavorava da 19 anni. Ci sta appena nel carro funebre che si appresta a partire per la cremazione. Troppo piccola, invece, la chiesa di Cencenighe per contenere quella che il parroco don Luigi Canal definisce «la grande famiglia che va oltre i legami di sangue», strettasi attorno alla moglie di William, Carlotta, e idealmente ai genitori Remo e Renata, rimasti a casa a interrogarsi sul «perché proprio a William, perché proprio a noi?».
Il mestiere dei sindaci e dei tecnici comunali, entrambi svolti da Faè, è quello di dare risposte ai cittadini, ma di fronte alla tragedia di un uomo di appena 51 anni deceduto a causa di un infarto, di risposte i tanti sindaci ed ex sindaci e i tanti tecnici del pubblico e del privato (alcuni in pensione) presenti al funerale non ne hanno. Per chi crede restano quelle della fede.
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«Vedo tanti amministratori», dice don Canal in apertura di rito religioso, «gli alpini, la protezione civile, i coscritti, tanti attori del pellegrinaggio della vita fatto assieme. Certo è stato breve, ma il come e il dove è Dio che lo sceglie. Stavolta», continua don Canal nel corso dell’omelia. «la campana del campanile ha suonato per William in maniera inaspettata». Il sacerdote sottolinea più volte la parola “servizio” per descrivere quello che Faè aveva fatto nel corso della sua breve vita sia all’interno della comunità di appartenenza, Cencenighe, sia in quella per cui lavorava, San Tomaso.
Al sindaco di Cencenighe, Mauro Soppelsa, il compito di entrare nel dettaglio: «Siamo tanti», dice quando vede l’assemblea di fronte, «è il ringraziamento a William per quello che ha fatto per tutti noi. Io l’ho conosciuto quando Rizieri Ongaro, nel novembre 1997, ci chiamò a far parte della sua squadra. William aveva 25 anni. Siamo stati colleghi assessori per dieci anni, poi io mi sono candidato sindaco e l’ho voluto come assessore. Poi si è candidato lui sindaco e ha svolto l’incarico dal 2012 al 2017».
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Soppelsa ricorda i tanti momenti trascorsi assieme e le molteplici riflessioni fatte sia sul piano amministrativo che su quello personale. «Era attivo anche nel volontariato», aggiunge il sindaco, « aveva fatto parte del direttivo del gruppo alpini, era stato presidente della pro loco dal 1998 al 2001 e dal 2008 al 2011 e ha sempre collaborato attivamente, ha sempre avuto un grande legame con la comunità dedicandole tempo che sottraeva alla famiglia e alle altre passioni».
Al sindaco di San Tomaso, Moreno De Val, tocca invece ricordarne la professionalità. «A me e alla vicesindaca diceva che eravamo come dei dittatori cinesi», evidenzia, «ma poi ha sempre contribuito al raggiungimento dei tanti obiettivi che ci eravamo prefissati: nuove strutture, nuove strade. Poi quando tutto era finito faceva sempre un passo indietro, lasciava ad altri gli onori e a me un po’ dispiaceva».
Sia Soppelsa che De Val lasciano ai tanti presenti un’immagine condivisa di una persona “sorridente e garbata”, di un uomo “pacato e umile” che nel municipio di San Tomaso aveva trovato l’amore e che quando telefonava chiedeva sempre “scusa Moreno, ti disturbo?”. Non lo farà più, «ma – lo saluta De Val – rimarrai sempre il nostro tecnico».