Dulcis in fundo, Donald Trump. Dopo il discorso al Congresso e i faccia a faccia con il presidente Joe Biden e la sua vice e candidata democratica Kamala Harris, Benjamin Netanyahu è arrivato a Palm Beach, in Florida, e ha incontrato il candidato repubblicano alle presidenziali del 5 novembre. Un incontro che va oltre ogni formalismo istituzionale, ancora di più quando da parte del premier israeliano arriva un endorsement in favore del tycoon: “Non so come un ebreo possa votare per lei”, ha dichiarato riferendosi a Kamala Harris. “Non sono stati molto gentili nei confronti di Israele”, ha spiegato.
L’ex presidente ha accolto il primo ministro israeliano e la moglie Sarah nella sua residenza a Mar-a-Lago, salutandoli con baci e strette di mano prima di posare dicendo “facciamoci una bella foto” insieme ai due ospiti. “Ci sei mancato”, ha commentato lei, mentre Trump ha parlato della “cena più bella che abbia mai fatto”, probabilmente riferendosi a un incontro risalente agli anni della Casa Bianca. Trump e Netanyahu hanno poi guardato la foto di uno dei bambini Bibas, rapiti dal kibbutz Nir Oz il 7 ottobre da Hamas, su richiesta del loro nonno Eliyahu Bibas. “Ci occuperemo di questo”, ha commentato Trump. Oltre a vedere il tycoon il premier israeliano pronuncerà un discorso a un summit ospite di Turning Point Action, think tank conservatore che cerca di riportare il tycoon alla Casa Bianca.
Si tratta del primo incontro tra i due da quando Trump è tornato a essere un normale cittadino. I rapporti, molto stretti durante gli anni di Trump alla Casa Bianca si erano incrinati a inizio 2021, dopo che il premier israeliano fu uno dei primi leader mondiali a congratularsi con Biden per la vittoria alle presidenziali. “Bibi avrebbe potuto rimanere in silenzio”, disse allora Trump in un’intervista a un giornale israeliano, “ha commesso un terribile errore”. Secondo il Times of Israel, i due non solo non si sono visti in questi anni, ma non si sono neanche parlati al telefono. Il primo colloquio dal 2021 è avvenuto questo mese, quando Bibi ha chiamato Trump per fargli gli auguri per il 4 luglio.
Entrambi ora hanno interesse a ricucire i rapporti. Funzionari israeliani citati dal Washington Post hanno sottolineato che in questo momento Netanyahu ha bisogno di relazioni solide con l’amministrazione Biden, che rimarrà in carica per i prossimi sei mesi, ma vuole anche appianare le cose con Trump data la possibilità che il miliardario newyorkese torni alla Casa Bianca.
La base conservatrice che in patria sostiene Netanyahu e i suoi partner di coalizione più estremisti si augurano apertamente la sua vittoria. Ricordano il suo periodo alla Casa Bianca come un’epoca d’oro per l’ala destra di Israele: Trump ha ignorato molte delle posizioni neutrali di Washington, spostando l’ambasciata Usa a Gerusalemme, approvando l’annessione israeliana delle alture del Golan e dichiarando che gli insediamenti in Cisgiordania non dovrebbero essere considerati illegali.
Non solo. Trump ha anche contribuito a dare il via agli Accordi di Abramo del 2020, una serie di trattati che hanno normalizzato le relazioni tra Israele e quattro stati arabi: Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco. Secondo i conservatori, Trump sarebbe anche più propenso a concedere a Israele maggiore libertà d’azione nella guerra di Gaza e in qualsiasi accordo politico e di sicurezza che ne consegue. Tanto che Netanyahu ha definito Trump “il più grande amico che Israele abbia mai avuto”.
Da parte sua Trump, ora frontman repubblicano alle presidenziali, potrebbe sfruttare l’incontro per ritagliarsi il ruolo di come alleato e statista, oltre a intensificare gli sforzi dei repubblicani per presentarsi come il partito più fedele a Israele. Questo perché le divisioni tra gli americani sul sostegno americano alla guerra di Israele contro Hamas a Gaza aprono crepe in quello che è stato decenni di forte sostegno bipartisan a Israele, il maggiore destinatario degli aiuti statunitensi.
Ieri in un’intervista a Fox News Trump ha chiesto a Netanyahu di mettere fine alla guerra nella Striscia di Gaza “e farlo in fretta, perché li stanno uccidendo con questa pubblicità“, ha detto riferendosi alle proteste internazionali per i quasi 40mila palestinesi uccisi nella Striscia. “Lo Stato di Israele non è molto bravo con le pubbliche relazioni”, ha poi aggiunto il tycoon, ricordando che Israele “deve riprendersi il suoi ostaggi” anche se crede che “molti di loro, forse, sono morti”. “Il 7 ottobre non sarebbe mai successo se io fossi stato presidente – ha detto ancora -. Nessuna possibilità, l’Iran era sul lastrico, non avevano soldi per Hamas o Hezbollah”.
Per entrambi, l’incontro sarà l’occasione per dipingersi di fronte alle rispettive opinioni pubbliche come leader forti che hanno ottenuto grandi risultati sulla scena internazionale, e potranno farlo ancora. Una scommessa politica per Netanyahu è se riuscirà a ottenere più dei termini che desidera in un eventuale accordo sul cessate il fuoco a Gaza e sul rilascio degli ostaggi, e nella tanto auspicata conclusione di un accordo di normalizzazione con l’Arabia Saudita. “Benjamin Netanyahu ha trascorso gran parte della sua carriera negli ultimi due decenni legandosi al Partito repubblicano”, ha detto Aaron David Miller, ex diplomatico americano per i negoziati arabo-israeliani, ora membro senior del Carnegie Endowment for International Peace. Per i prossimi sei mesi, ciò significa “ricucire i legami con un presidente irascibile e arrabbiato”. Ovvero Trump.
Oggi il premier israeliano ha riferito su X di aver incontrato Elon Musk a Washington dopo il suo intervento al Congresso, postando una foto dei due mentre si stringono la mano. Con il miliardario, Netanyahu dice di aver discusso di intelligenza artificiale e “cooperazione tecnologica con Israele”. Musk era presente al discorso di Netanyahu al Congresso ed è stato un alleato di Israele durante la guerra ma non ha rilasciato alcuna dichiarazione pubblica sul suo incontro con il capo del governo di Tel Aviv.
L'articolo Netanyahu in Usa vede Trump e spinge la sua candidatura: “Non so come un ebreo possa votare per Harris” proviene da Il Fatto Quotidiano.