Il rapporto tra Unione europea e Azerbaigian è sempre più controverso e oggetto di discussione, soprattutto per quanto riguarda gli scambi commerciali che pongono Baku come uno dei principali fornitori di gas dei Paesi del Vecchio Continente, dopo la chiusura dei canali con la Russia in seguito all'invasione dell'Ucraina del 24 febbraio 2022. Una scelta per danneggiare l'economia russa, obiettivo finora fallito, ma anche etica contro un Paese che non rispetta i diritti umani. E se di diritti umani si parla, dunque, quando Bruxelles acquista il gaz azero, non può e non deve ignorare la pulizia etnica che da anni è in corso nel Nagorno-Karabakh, la regione al confine tra Armenia e Azerbaigian.
A far discutere è quanto emerso da un report pubblicato a giugno dal Centro europeo per il diritto e la giustizia. Il report redatto dall'organizzazione internazionale non governativa dedicata alla promozione e alla tutela dei diritti umani in Europa e nel mondo, accende i riflettori su quanto accade nel Nagorno-Karabakh, la regione che si trova nell’attuale Azerbaigian sud occidentale in cui è in corso una «feroce distruzione del patrimonio cristiano armeno». Tutto senza che la comunità internazionale dica o faccia qualcosa. Molte chiese, da quella di San Sargis di Hadrut a Mokhrenes a quella di Saint-Jean-Baptiste a Chouchi, sono infatti state distrutte o addirittura rase al suolo, così come il cimitero di Ghazanchetsots. E dove non c'è stata distruzione, il governo azero sta provvedendo presto a trasformare i luoghi cristiani in moschee, come per esempio la Chiesa dell’Ascensione (St. Hambardzum) a Berdzor. La Chiesa della Santa Madre di Dio Meghretsots, fondata nel 1838, era stata danneggiata per la prima volta durante l'epoca sovietica e ora gli azeri sembrano aver terminato il lavoro di distruzione. Non solo. La croce della chiesa di Vankasar, che risale al settimo secolo, è stata rimossa. Mentre la chiesa di Surb Sargis, costruita nel 1279, è stata vandalizzata più volte.
Episodi gravissimi e su cui l'Europa sembra voltarsi dall'altro lato per salvaguardare i propri interessi economici sostenendo un Paese come l’Azerbaijan, nonostante il governo guidato da Ilham Aliyev continui a perpetrare violenze e attacchi contro i simboli cristiani della comunità armena. In questo caso che ne è dei diritti umani da difendere? L’Unione europea si sta dimostrando più che mai ipocrita nella gestione delle importazioni di gas. Se da un lato ha interrotto ogni rapporto commerciale con la Russia di Vladimir Putin, dall’altro stringe accordi con Baku che, oltre a violare i diritti umani in Nagorno-Karabakh (dove è in atto un «genocidio culturale»), prende parte del suo gas proprio da Mosca rigirandolo così agli europei.
Stando a quanto emerso dal report pubblicato dal Centro europeo per il diritto e la giustizia, oltre alla distruzione di beni culturali dal valore inestimabile è in atto un vero e proprio spargimento di sangue.