EDIT: Sul quotidiano del 24 luglio e per un po’ di tempo anche il 25 luglio sul sito abbiamo pubblicato la foto sbagliata. L’abbiamo rettificata su carta e ora anche sulla versione digitale, che non era stata aggiornata. Ci scusiamo per l’errore con i lettori e i diretti interessati.
La musica dei Nomadi è pervasa da una magia che si tramanda di generazione in generazione. Venerdi alle 21.30a Ponte Crenna, frazione di Bagnaria, in Valle Staffora, il popolo dei Nomadi potrà ascoltare la tribute band “Ma noi no” (biglietto 8 euro, info 342 8259410) che si avvarrà della presenza speciale di Daniele Campani, oggi 62enne, per 33 anni batterista dei Nomadi.
Daniele Campani, cosa hanno rappresentato i Nomadi per lei?
«Una grande esperienza di vita prima ancora che musicale. Ho conosciuto personaggi illustri in giro per il mondo, siamo stati a Cuba, in Palestina, abbiamo incontrato il Dalai Lama. Poi sono orgoglioso di essere stato amico e collega di Augusto Daolio, con il rimpianto che se n'è andato troppo velocemente».
Ricorda come entrò nel gruppo?
«Io sono un batterista autodidatta, mio papà mi regalò la prima batteria all'età di 9 anni. Vivevo in un paese sperduto in mezzo alle montagne sopra Reggio Emilia, e sarò sempre grato ai Nomadi per avermi voluto con loro, al posto di Gian Paolo Lancellotti, che decise di lasciare il gruppo. Facevo il copy writer, con un socio, in un'agenzia pubblicitaria. Beppe gestiva un negozio di strumenti musicali a Novellara, e lo conobbi in quel contesto. Accadde che Gustavo Ferretti, capo service dei Nomadi, mi disse che un gruppo aveva bisogno di me, e se ero disponibile. Io non avevo velleità artistiche, ma quella fu la svolta della mia vita. Facevamo 250 concerti all'anno, cosi abbandonai il mio lavoro precedente. Il primo live che ho fatto con i Nomadi è stato a Novellara il primo luglio del 1990, sono rimasto con loro sino al 2023. Ho invidiato un po' il mio predecessore Lancellotti, perchè ha trascorso più anni con Augusto».
Secondo lei, qual è il segreto del successo e della longevità dei Nomadi?
«Quello di essere persone prima che artisti. Abbiamo sempre avuto il piacere di stare in mezzo alla gente, comprendendo il senso reale della vita. A livello musicale, il repertorio dei Nomadi, in particolare i brani scritti da Guccini, sono delle pietre miliari nella storia della musica italiana».
Quanto è stato difficile ripartire dopo la scomparsa di Augusto Daolio?
«La sua perdita è stata il momento più duro che abbiamo vissuto. Ci chiedevamo come potessimo continuare senza di lui, eravamo smarriti. La forza ce l'hanno trasmessa gli amici e i fan, quasi pregandoci di continuare».
Perchè ha deciso di lasciare il gruppo dopo 33 anni?
« Sentivo il bisogno di serenità e di avere più tempo a disposizione per me e per la mia vita privata. Poi ho dato spazio a un giovane, come successe a me con il mio predecessore Lancellotti. Ricordo che gli scrissi un messaggio di vicinanza, quando ho saputo che era malato, e Lancellotti mi ringraziò. Il mio destino è cambiato con la sua decisione di lasciare».
C'è ancora la musica nella sua vita?
Sento sempre l'esigenza di suonare, vado spesso con i gruppi che mi chiamano, come i “Ma noi no”, che sono davvero bravi. In ogni occasione, il pubblico mi dimostra sempre tanto affetto». ALESSANDRO QUAGLINI