ZAGABRIA La famosa isola montenegrina di Sveti Stefan è in pericolo. L’organizzazione per il patrimonio culturale Europa Nostra e l’Istituto della Banca europea per gli investimenti (Bei) hanno pubblicato qualche giorno fa un rapporto che chiede a Podgorica di intervenire con urgenza per salvare quella che è «spesso considerata l’immagine simbolo del Montenegro». Gli esperti puntano il dito contro lo sviluppo edilizio non autorizzato e l’eccessiva privatizzazione del luogo, da anni ormai off-limits a chiunque non abbia prenotato una stanza presso il resort di lusso situato sull’isola.
«Sveti Stefan – si legge nel rapporto – è una città fortificata del XV secolo, costruita come cuore culturale e amministrativo della regione di Paštrovići, dove ha goduto di quattro secoli di autonomia sotto il dominio veneziano». «L’isolotto di 1,2 ettari, con le sue case e chiese in pietra, le strade, le piazze e i giardini, è collegato da una bassa strada rialzata alla terraferma presso il Parco Miločer», proseguono gli esperti di Europa Nostra e dell’Istituto della Bei, che ricordano come il parco sia stato utilizzato negli anni Trenta del Novecento «come residenza estiva dei re jugoslavi», quando fu sviluppato dai «migliori architetti e paesaggisti dell’epoca».
Oggi, però, «il continuo sviluppo eccessivo del complesso alberghiero è diventato un problema». Da un lato, infatti, Sveti Stefan è classificato come patrimonio culturale nazionale, ma dall’altro Podgorica «ha quasi privatizzato questo tesoro nazionale di grande valore, privando sostanzialmente i cittadini del loro patrimonio e del loro dominio pubblico». Nel 2007, durante il lungo regno di Milo Đukanović (che ha perso le elezioni nel 2020), l’isola e il parco sono stati dati in locazione trentennale ad una multinazionale con sede a Singapore.
Da allora sono state «effettuate diverse modifiche edilizie e del sito non autorizzate», prosegue il rapporto. Nel parco, ad esempio, è spuntato «un condominio-albergo parzialmente costruito, inappropriato e di grandi dimensioni», mentre «il popolare teatro pubblico estivo è stato chiuso e smantellato». Infine, «l’accesso pubblico al sito e al lungomare è stato sostanzialmente vietato, cosicché gli abitanti del luogo e i turisti non ospiti dell’hotel non possono più godere di questo prezioso paesaggio culturale».
Come se non bastasse, dal 2021 una controversia legata proprio alla privatizzazione delle spiagge ha portato la multinazionale a chiudere completamente il resort e ad avviare un arbitrato internazionale a Londra in cui chiede al Montenegro 100 milioni di euro di risarcimento danni.
Secondo Višnja Kisić, co-autrice del rapporto intervistata da Balkan Insight, è ancora possibile proteggere l’area. «Le istituzioni competenti del Montenegro sono ancora responsabili dell’emissione di misure di protezione, della concessione di permessi di costruzione e di altro tipo», sostiene Kisić, secondo cui «il problema è che le istituzioni competenti non potevano fare il loro lavoro perché c’era un tacito accordo tra il locatario e le autorità dell’epoca, in cui né il locatario né il governo agivano nell’interesse pubblico ma nell’interesse personale».
Con la fine dell’era Đukanović, c’è insomma speranza di voltare pagina a Sveti Stefan. «Abbiamo formulato sette raccomandazioni chiave, come l’organizzazione di un’ispezione ufficiale da parte di un team di esperti responsabili della protezione dei beni culturali», ha detto Višnja Kisić a Balkan Insight, assicurando che «i numerosi incontri che abbiamo avuto con gli attuali rappresentanti delle autorità e delle istituzioni ci fanno sperare che il patrimonio del Montenegro sarà trattato molto più seriamente». —
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