Premessa: la concorrenza fa sempre bene. E il monopolio produce guai, aumenti di costi e servizi peggiori. Dunque, ben venga l’apertura al mercato anche per le imbarcazioni. Uber sbarca in laguna, e un mondo cristallizzato da decenni dovrà ora confrontarsi con la novità epocale.
Ma non è tutto così semplice. La legge regionale che introduceva, nel 1963, l’obbligo di licenza per il servizio di taxi acquei e noleggio aveva un presupposto buono. La laguna è delicata, i canali di Venezia non possono sopportare pressioni eccessive, pena la distruzione della città. Dunque, le autorizzazioni sono a numero chiuso. Le rilascia il Comune e chi non le ha non può far servizio di taxi e noleggio.
Naturalmente negli anni il quadro è cambiato. L’esplosione del turismo ha prodotto una richiesta di barche per lo spostamento e il noleggio ben superiore alla capacità e all’offerta. Già oggi la situazione è fuori controllo.
Taxi che sfrecciano a tutte le ore, barche in servizio 24 ore su 24 grazie ai sostituti. I sistemi di controllo tardano ad arrivare. Le telecamere dei sistemi fissi ma anche i “barcavelox”, promessi e ancora in attesa della modifica definitiva del Codice della Strada.
Non ci sono onde buone e onde cattive. Tutti hanno il diritto al lavoro. Ma nel rispetto però delle regole, troppo spesso in questi decenni interpretate in modo piuttosto “elastico”.
Le licenze di taxi e noleggio rilasciate dal Comune sono oggi poco più di 300. Erano 193, (doppie, cioè con noleggio e taxi insieme, fascia verde e fascia gialla), sono state aumentate dalla giunta Cacciari (assessore Michele Vianello) e dalla giunta Orsoni (assessore Ugo Bergamo). A queste barche vanno aggiunte le centinaia di motoscafi con targa P, LV, RV, i motoscafi privati delle vetrerie e quelli degli alberghi, i noleggi con conducente. E, naturalmente, quelle del servizio pubblico di Actv e Alilaguna.
Adesso con la piattaforma Uber applicata all’acqua si potrebbero aggiungere a questi almeno un migliaio di imbarcazioni classificate come “noleggio da diporto”. Sono mille quelle censite dalla Motorizzazione nelle acque della provincia, 300 quelle a Venezia, un numero pari alle licenze in circolazione. Impensabile che possano circolare tutte insieme, pena il caos del traffico e la distruzione di rive e barene per il moto ondoso.
Ecco allora la necessità di monitorare con attenzione il traffico in laguna. Dovrebbe farlo adesso l’Autorità per la laguna, fissando anche nuovi tetti per la circolazione delle barche, in particolare quelle per il servizio turistico che sono la stragrande maggioranza.
La fortuna d Uber, oltre alla facile “prenotabilità” del mezzo tramite app, è data dalle tariffe, spesso vantaggiose rispetto ai taxi tradizionali. In laguna le tariffe annunciate (“da 120 a 150 euro a seconda della tratta”) non sono per il momento particolarmente attraenti. Un taxi normale per portare da una a sei persone da piazzale Roma a Rialto chiede 80 euro, 80-100 fino a San Marco, anche 150 per l’aeroporto.
Da decenni si parla della necessità di una piattaforma unica per chiamare un taxi, sul modello dei Radiotaxi di terraferma. A Venezia per via della rivalità tra cooperative prima e tra singoli motoscafisti dopo, il progetto non è mai decollato. Anche questo, secondo gli esperti, poteva ridurre le attese e il moto ondoso, perché il taxi non deve tornare ogni volta vuoto alla base.
Primo requisito per ogni nuovo progetto in laguna come si sente dire deve essere la sostenibilità. Introdurre Uber rende obbligatorio stringere i controlli e pianificare il numero massimo di motoscafi che il Canal Grande e la laguna possono sopportare. Altrimenti non sarà un’innovazione, ma un ulteriore passo verso la distruzione.