Che l’industria della moda sia uno dei settori più inquinanti al mondo, non è certo la notizia del giorno. L’insostenibilità sociale ed ambientale delle aziende di moda è inevitabilmente sotto gli occhi di tutti almeno dal 2013 quando il crollo dello stabilimento Rana Plaza in Bangladesh, ha accesso i riflettori sui processi di produzione del settore. Lo stabilimento ospitava quasi 5 mila operai che lavoravano per le più importanti aziende di moda tra cui Benetton, Inditex e Primark. Nel crollo di uno stabilimento di 8 piani non a norma sono morte più di 1.100 persone e questo ha acceso i riflettori sulle condizioni di lavoro degli operai e sui sistemi di tessitura e tinteggiatura utilizzati.
Fu il primo caso posto all’attenzione mediatica che fece diventare la questione sostenibilità sotto gli occhi di tutti e un problema non più rimandabile per aziende ed istituzioni. Emersero una serie di dati preoccupanti sul tasso di inquinamento della moda – che riguardavo l’industria a partire dalla materia prima fino alla logistica – accompagnate per la prima volta da reportage di foto che testimoniavano il totale sfruttamento dei Paesi del terzo mondo con tanto di distese di vestiti dismessi e acqua inquinate dalle tinture dei capi. A riguardo, secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), l’industria tessile è responsabile del 10% delle emissioni globali di carbonio, più delle emissioni combinate dei voli internazionali e del trasporto marittimo. Inoltre, l’industria utilizza circa 93 miliardi di metri cubi d’acqua ogni anno, una quantità sufficiente a soddisfare le esigenze di cinque milioni di persone, contribuendo significativamente al cambiamento climatico, all’inquinamento delle acque e alla produzione di rifiuti.
Da Rana Plaza in poi, aziende a istituzioni hanno iniziato a tracciare politiche green, talvolta smascherate anche come greenwashing, ovvero una pratica di marketing ingannevole in cui un’azienda promuove falsamente scelte sostenibili senza attuare misure effettive per ridurre l’impatto ambientale. Molti brand stanno investendo in materiali ecologici come il cotone organico, il lino, la canapa e le fibre riciclate. Progressivamente si è promosso un approccio sempre più circolare in modo da ridurre rifiuti attraverso il riutilizzo, il riciclo e la progettazione di prodotti che abbiano una vita più lunga. Alcuni marchi hanno iniziato ad offrire servizi di riparazione e programmi di ritiro dei capi usati all’interno dei propri negozi. Altri hanno fatto ricorso a certificazioni che garantiscono la sostenibilità dei prodotti, come il Global Organic Textile Standard (GOTS) per i tessuti organici e il Bluesign per i processi produttivi puliti. Anche la questione tracciabilità è diventata sempre più importante.
Così, le aziende hanno aumentato la trasparenza nelle loro catene di approvvigionamento, utilizzando tecnologie come la blockchain per tracciare l’origine e i metodi di produzione dei loro prodotti. La questione è ad oggi molto sentita anche dall’Unione Europea che ha messo in campo delle leggi strettissime a riguardo, ostacolando l’ascesa nel territorio dei nuovi colossi del fast fashion cinese come Temu e Shein. Nei prossimi 4 anni, infatti, il comparto vedrà oltre 35 nuove norme legate alla sostenibilità a livello globale, che non dovranno essere sottovalutate dalle aziende perché, secondo quanto riporta Boston Consultino Group, ciò comporterebbe il mancato accesso ai mercati e la perdita fino all’8% dell’EBIT generato. Nuove linee guida legislative e una maggiore sensibilità da parte del consumatore, hanno così portato alla nascita e allo sviluppo di brand sostenibili, attenti all’impatto ambientale della loro produzione. Qui vedremo in particolare quali sono le realtà italiane più virtuose con approcci certificati sostenibili.
I 10 brand italiani certificati sostenibili da conoscere
1. Grisport
Grisport nasce nel 1977 nell’importante distretto dello Sport System di Asolo e Montebelluna, dall’idea dei fratelli Graziano e Mario Grigolato. Specializzata in calzature casual, outdoor e antinfortunistica, l’azienda si può definire un vero e proprio stabilimento green, costruita secondo i dettami dell’architettura eco- sostenibile. Una scelta, quella della sostenibilità, confermata anche nel processo produttivo delle sue calzature e nella policy aziendale dei dipendenti. Dal sistema di tracciabilità, alla produzione delle calzature, fino alle abitudini dei dipendenti, tutto è pensato in un’ottica esclusivamente green con l’utilizzo di un’ampia gamma di materiali eco-compatibili sia per le scarpe sia per i packaging, sempre riciclati e riciclabili, e la promozione di comportamenti responsabili volti al riciclo all’interno dei reparti e ad uno stile di vita zero-spreco. Inoltre, l’attenzione verso l’ambiente di Grisport passa anche attraverso la certificazione ecosostenibile dei propri fornitori e i brevetti collezionati nel corso degli anni. Uno fra tutti è la nuova linea ACTIVE® PRO, che prevede scarpe realizzate con materiali 100% riciclati con un design ergonomico in grado di mantenere confort e comodità.
2. Parc.Co
Fondato nel 2016, il marchio specializzato in capi in denim si impegna a creare capi duraturi e a basso impatto ambientale. Parc.Co adotta un modello di economia circolare, promuovendo il riciclo e la riduzione dei rifiuti tessili. La trasparenza e l’etica sono al centro della filosofia del brand, con un’attenzione particolare alla tracciabilità della filiera produttiva. I capi sono realizzati in Italia a filiera corta interamente Made in Italy e utilizzano cotone biologico o riciclato, filati naturali, lavaggi e trattamenti senza agenti chimici e con il minor impatto ambientale. Utilizza solo cotone biologico, certificato GOTS e materiali in cotone e poliestere riciclati con certificazione GRS. In più, tutti i lavaggi e i trattamenti dei capi sono ecosostenibili, ovvero non vengono impiegate sostanze chimiche pericolose per l’uomo e per l’ambiente.
3. THEMOIRè
THEMOIRè è un brand nato nel 2019 con certificazione Approved Vegan, assegnata da PETA, People of the Ethical Treatment of Animals, ente riconosciuto a livello globale che difende i diritti degli animali. È un brand specializzato nella produzione di borse e piccola pelletteria nato a Milano che utilizza solo materie prime certificate e tracciabili. Una scelta che ha permesso al brand di essere tra i finalisti del Sustainable Fashion Awards 2022, conseguire lo stesso anno il prestigioso premio Vegan Fashion Award PETA e nel 2023 di essere anche tra i nominati del nuovo Latin American Fashion Awards nella categoria Responsible Project of the Year. THEMOIRè sperimenta anche in tessuti innovativi tessuti ecologici come quelli ottenuti dalle foglie di ananas o dagli scarti dell’industria delle mele.
4. Sofia
Nato nel 2023 dall’estro creativo della founder Sofia Nardi, il brand propone una collezione di borse dell’esclusivo design geometrico e di forte impatto. La sfida del marchio è quella di utilizzare nappa in pieno fiore ma con pellami certificati da diverse organizzazioni, come ISO 14001:2015, LWG, Biobased, Blauer Engel e OEKO-TEX, che garantiscono l’adozione di pratiche ecologiche e sostenibili lungo l’intera filiera produttiva. I tessuti utilizzati per le dustbags e le fodere delle borse di Sofia, anch’esse in cotone, sono lavorate artigianalmente in maniera sostenibile utilizzando tessuti recuperati dagli archivi delle aziende tessili del nord Italia e cotone riciclato proveniente da fonti pre e post-consumo, garantendo così un processo di produzione a impatto zero-waste.
5. Rifò
Rifo è un brand certificato sostenibile nato con un crowdfunding nel 2017 con l’esigenza di cambiare l’attuale industria della moda e con la missione di avere un
impatto positivo sull’ambiente e sulla società. Il brand ha in portfolio una vasta gamma di capi prêt-a-porter dal design essenziale ma intramontabile. Giocando sulla logica dei capi indispensabili aldilà delle singole tendenze, nel corso degli anni il brand ha ricevuto numerose certificazioni per il suo approccio ecosostenibile come la certificazione GRA per l’utilizzo di materiali riciclati e l’Oeko Tex, una certificazione che riguarda le materie prime, i semilavorati e i prodotti finiti a basso impatto ambientale.
6. Artknit
Artknit nasce nel 2018 con l’obiettivo di ispirare ed educare la propria community verso un consumo consapevole. Specializzano in maglieria, ma ormai con un portfolio ampio e completo, sostiene le micro-imprese manifatturiere italiane e collabora con loro per realizzare prodotti di alta qualità completamente naturali e biodegradabili. Il brand italiano sostenibile usa solo fibre naturali che vengono reperite al minor impatto ambientale, semplici da riciclare e facilmente biodegradabili. Infatti, tutte le materie prime sono certificate secondo alti standard etici e ambientali come GOTS, GRS e Oeko-Tex. In più, tutti i suoi capi contengono l’etichetta “Sicurezza nei prodotti tessili” che garantisce prodotti privi di sostanze nocive e realizzati in modo sicuro e trasparente.
7. Velasca
Il brand Velasca nasce nel 2013 da Jacopo Sebastio ed Enrico Casati con l’idea di realizzare scarpe da uomo di eccellente qualità a un prezzo giusto vendendo direttamente al cliente finale. La produzione di calzature parte dalla Marche, poi si amplia con l’abbigliamento femminile e da uomo. I founder sposano un approccio lento e autentico alla creazione dei capi evitando la sovrapproduzione e l’obsolescenza precoce utilizzando competenze artigianali locali ed esclusivamente tessuti certificati Goats.
8. Latte The Label
Latte The Label è un brand di intimo eco-friendly dal design minimal e confortevole. Fondato da Sonia Benassi e Giorgia Ferrais, sia l’underwear che i costumi sono pensati per essere timeless, quindi per durare nel tempo evitando l’acquisto frequente. Il punto di forza di questo marchio è la produzione Made in Italy e il tessuto sostenibile in fibra di bamboo certificato Oekp-Tex e Fsc, ideale per stare a diretto contatto con la pelle, naturalmente antibatterico e delicato sulla pelle.
9. Peninsula Swimwear
Restando nel mondo del beachwear (ma non solo) Peninsula Swimwear è un brand tutto italiano fondato da Edoardo Pasolini. L’obiettivo di Peninsula è quello di creare prodotti per il mare a 360 gradi, ovvero non solo pensati per essere indossati al mare ma anche per tutelare le acque. Con certificazioni GOTS, BCI- Better Cotton iniziative, Oeko e Tessile Exchange il brand crea prodotti sostenibili utilizzando, ad esempio, materiali organici come il lino o il poliestere riciclato. Tra le mission del brand c’è quella di sensibilizzare sul tema dell’inquinamento delle acque marine e di tutelare la flora e la fauna dei fondali attraverso il supporto di associazioni specializzate come il WWF.
10. SHAFT JEANS
Si tratta di un brand di premium denim made in Italy guidato dai gemelli Letizia e Lorenzo Palchetti Tosi. Nato negli anni ’70, punta sulla sostenibilità sociale ed ambientale proponendo una capsule in denim organico. Tutti i capi di Shaft Jeans sono infatti composti da cotone organico certificato GOTS e derivato da filiera corta. Infatti, tutti i loro capi vengono realizzati tra le Marche, la Toscana e l’Abruzzo. Inoltre, i lavaggi di questi jeans sono realizzati con tecniche a basso impatto ambientale e con un limitato uso di acqua e di energia elettrica.
L'articolo Nuova stretta in arrivo contro il fast fashion: ecco i 10 brand di moda italiani certificati sostenibili da conoscere proviene da Il Fatto Quotidiano.