Tadej Pogacar: altro che promosso, laureato a pienissimi voti con lode. Sei vittorie in questo Tour, terza vittoria in carriera alla Grande Boucle, oltre sei minuti inflitti a Vingegaard ed emozioni e show costanti offerti a tutto il popolo del ciclismo. Uno spettacolo vederlo in bicicletta, uno spot per questo sport e una copertina bellissima offerta al ciclismo. Tadej Pogacar è tutto questo: sempre più nella leggenda, sempre più nel mito, sempre più grande, sempre più il più grande.
Jonas Vingegaard: non promosso, di più. Arrivava a questo Tour de France con tantissime incognite, con nessuna corsa sulle gambe dopo il tremendo incidente che l’ha visto protagonista al Giro dei Paesi Baschi. Si è rimesso in bicicletta ed è arrivato secondo, vincendo oltretutto una tappa a Le Lioran in volata su Pogacar, questo Pogacar. Onore al vincitore uscente che ha lottato con tutto quello che aveva e forse anche di più.
Remco Evenepoel: i suoi progressi sono sotto gli occhi di tutti, specie in salita. Si è molto avvicinato al livello di Vingegaard, ha vinto una tappa a cronometro e ha tenuto per tutte e tre le settimane anche sulle grandi salite, essendo il primo degli umani dietro a Pogacar e Vingegaard. Un podio che era tutt’altro che scontato, una maglia bianca che era tutt’altro che scontata.
Biniam Girmay: che Tour de France pazzesco da parte dell’eritreo! La maglia verde è un premio a una Grande Boucle che gli ha regalato tre successi di tappa in volata e altri piazzamenti di valore. Per la squadra Pro Tour con il budget più basso è un successo incredibile e per Girmay è la consacrazione ulteriore nel grande ciclismo.
Mark Cavendish: partiva per l’ultimo Tour de France con un obiettivo chiaro in testa, quello di vincere la tappa numero 35 al Tour e superare il record di Eddy Merkcx. Ci riesce trionfando a Saint Vulbas e poi stringe i denti fino alla fine della Grande Boucle, rientrando entro il tempo massimo e godendosi a 39 anni la passerella nella crono di oggi a Nizza, un omaggio a un grandissimo fuoriclasse.
Jasper Philipsen: dopo una prima parte di Tour particolarmente difficile, il belga è salito in cattedra nella seconda parte grazie alla crescita di condizione del suo fido gregario di lusso Mathieu van der Poel, vincendo tre tappe e confermandosi probabilmente il miglior velocista in circolazione nel panorama internazionale.
Giulio Ciccone: un Tour difficile da leggere per l’abruzzese. Inizialmente partiva con l’obiettivo di provare a vincere una tappa la maglia a pois uscente, poi si ritrova a dover fare classifica, cerca di rimanere in top 10, ma questa sfuma proprio nell’ultima cronometro. Un Tour che si conclude forse con un retrogusto più amaro che dolce per l’esito e per la mancanza di protagonismo.
Jai Hindley: ci si attendeva di più da un vincitore di un Giro d’Italia. Sempre in difficoltà, poco incisivo anche nei tentativi di fuga portati avanti. Un Tour de France da semplice comparsa per l’australiano.
Decathlon-AG2R La Mondiale Team: la squadra francese in casa ha avuto grandi difficoltà. Il quattordicesimo posto di un opaco Felix Gall non basta per tenere in piedi la baracca, non arrivano successi di tappa, in fuga quasi mai protagonisti e neppure in volata.
Red Bull Bora-Hansgrohe: un Tour deludente anche per la formazione austriaca che ha spolverato il nuovo sponsor Red Bull, ma non ha decisamente messo le ali. Ritiri per Vlasov e Roglic che sono anche sfortunati, ma Hindley non brilla mai, così come non brillano i vari Jungels e Sobrero. Si presentavano con grandi ambizioni, vanno a casa con le ossa rotte.