La carenza di infermieri fa tremare i polsi alle Ipav (Istituzioni Pubbliche di Assistenza Veneziane) che sono costrette a cercare soluzioni immediate per garantire l’assistenza agli anziani.
«È un momento storico molto difficile per garantire l’assistenza» spiega il dirigente dell’area Servizi alla persona dell’Ipav, Andrea Zampieri, «e la disperazione è comune perché in Veneto mancano 3 mila infermieri» .
L’ente, da tempo, pubblica a più riprese bandi di concorso ma, quando non vanno deserti, i numeri sono troppo esigui per riuscire a coprire i posti necessari.
«Un mese fa cercavamo dodici infermieri, al concorso se ne sono presentati cinque, ma dalla graduatoria finale siamo riusciti a prenderne solo due» continua Zampieri, sottolineando come questa situazione preoccupi non poco le strutture poiché, ovviamente, la mancanza di infermieri può portare alla riduzione dei posti letto e, in un momento in cui la popolazione è sempre più anziana, con ben il 26% di over 65 nei territori dell’Usl 3, una sforbiciata all’offerta assistenziale non è ciò di cui la cittadinanza ha bisogno.
Le soluzioni, inevitabilmente, passano per l’affidamento dei servizi alle cooperative.
È quanto sta succedendo alla rsa San Lorenzo di Venezia, dove è stata firmata una delibera per l’affidamento dei servizi infermieristici diurni alla cooperativa sociale Fortunia.
Questo permetterà di reclutare cinque infermieri di origine sudamericana e con alle spalle altri appalti in Italia, per i prossimi sei mesi, fino alla fine dell’anno. Delle conseguenze ci saranno anche in terraferma perché, una volta integrato l’organico alla San Lorenzo, altri operatori all’occorrenza potranno supportare le strutture in difficoltà.
«Più che una scelta, è un obbligo» commenta Zampieri, aggiungendo che il concorso per infermieri indetto da Azienda Zero lo scorso marzo, per cui erano stati messi a bando 80 posti nell’Usl 3, ha provocato diverse dimissioni nelle loro strutture, come ogni volta che vengono banditi dei posti negli ospedali.
La questione, infatti, è tutta contrattuale: nelle case di riposo pubbliche il contratto applicato è quello degli enti locali e prevede uno stipendio inferiore di circa 200 euro rispetto a quello previsto dal contratto applicato nella sanità.
«Per questo gli infermieri se ne vanno, dovrebbe essere applicato quello degli ospedali anche da noi» commenta Zampieri.
Della stessa idea anche Paolo Lubiato (Cisl fp): «O si risolve la questione contrattuale, o si continuerà ad assistere alla fuga dei professionisti» dice, «inoltre, i capi reparto, che oggi sono infermieri, dovrebbero provenire dall’ambiente amministrativo o educativo, in modo da permettere ai professionisti dell’assistenza di fare il loro lavoro».
Rispetto all’affidamento dei servizi alla cooperativa, la Cisl si dice d’accordo. «Io sono contrario alle libere professioni» premette Lubiato, «ma credo che Ipav si sia comportata in modo corretto: non ha perso tempo e ha individuato una strategia temporanea in attesa di un nuovo concorso, in modo da non ridurre l’offerta».
Resta, però, la preoccupazione per il lungo termine: «Quanto reggerà il sistema assistenziale, considerando che la domanda sarà sempre in aumento?» si chiede Lubiato, facendo presente che oggi il problema principale riguarda gli infermieri, ma la situazione è critica anche per gli operatori socio sanitari e le difficoltà per le rsa potrebbero solo che aumentare, dal momento in cui il prossimo autunno potrebbe essere bandito il concorsone per rimpinguare di oss i reparti ospedalieri e, quindi, si potrebbe assistere all’ennesima fuga dalle case di riposo.