L'avvocato Stefano Tigani, legale della famiglia di Alex Marangon, il giovane morto dopo essere caduto nel Piave durante un rito sciamanico a Vidor, esprime dure critiche nei confronti dei due sciamani colombiani, Johnni Benavides e Sebastian Castillos, coinvolti nella vicenda. In un'intervista con l'ANSA, Tigani si rivolge al collega spagnolo Òscar Palet Santandreu, che ha difeso i due sciamani, sollevando una serie di domande e dubbi sulla loro versione dei fatti.
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Tigani sottolinea l'importanza di chiarire la situazione: «I suoi assistiti, i due curanderos, sono in luogo sicuro, ma al sicuro da cosa, esattamente? L'autopsia è interpretazione di chi la fa? Sono stupito, è come dire che la matematica è un'opinione». Questo commento evidenzia la sua frustrazione per la mancanza di cooperazione da parte dei due sciamani e del loro legale.
Il legale della famiglia Marangon esorta i due sciamani a uscire allo scoperto e collaborare con la Procura per risolvere il caso, invece di nascondersi dietro impegni o presunte difficoltà: «Sono dispiaciuti e mandano le condoglianze? Provassero ad aiutare la Procura a risolvere il caso invece di nascondersi. Sono andati via perché avevano impegni o perché nessuno gli ha detto di restare?».
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Tigani mette in discussione anche la versione dei fatti fornita dai due sciamani, sollevando un'importante incongruenza: «Dicono di 'un tonfo e un grido secco'. Allora rispondano a questa semplice domanda: se con il tonfo Alex si è rotto il torace e soprattutto la testa, come ha fatto a gridare. E poi se anziché precipitare sulle pietre, lambendo i rami, fosse finito in acqua con la testa rivolta verso il fondo, a maggior ragione, come hanno potuto sentirlo gridare».
L'avvocato conclude la sua dichiarazione affermando che non si tratta di una "caccia alle streghe", ma di una ricerca della verità, basata su elementi inconfutabili: «Noi accettiamo qualunque verità, purché sorretta da elementi inconfutabili, e allo stato questi sono le terribili lesioni sul corpo di Alex».
